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Il newyorchese Yoshi Sodeoka arriva alla realizzazione del suo primo ‘prodotto’ fisico, dopo gli ultimi anni di prolifiche sperimentazioni visive, come quelle di ASCII Rock, rielaborando in caratteri ascii videoclip d’annata, e di Casket, software per interfacciare dati audio alla manipolazione visiva. In un’organicità ‘sporca’, con citazioni a pellicole scientifiche d’annata, l’onnipresente ‘trama’ del video e la cinematicità sempre palpabile delle forme in movimento si specchiano in ombre, maschere di trasparenza e macro di particolari resi così astratti. Loop e transizioni sono usati in modo attento, dimostrando una metabolizzazione avanzata dei paradigmi della dj culture, ponendosi però allo stesso tempo una spanna più su delle comuni pratiche di vjing. Qui, infatti, la narrativa del video, pur specchiandosi nelle sue stesse forme, procede in maniera autonoma e autodeterminata. È un’onirica escursione in stanze catodiche (trentuno per la precisione), buie e grigie, o dai colori smorti, in cui la grana e il disturbo fanno da archetipi dell’ossessione per le linee dello schermo, producendo un senso spaziale definito, che termina in un epilogo tremolante dopo una temporanea grandinata di noise.