Decode, accostare arte tradizionale e mediatica.

Continua fino al 9 settembre all’Ateneo Art Gallery di Manila (Filippine), Decode, una singolare mostra che vuol far dialogare la collezione permanente del museo di arte moderna nazionale con diverse espressioni di media art. L’accostamento fra artefatti dalle tecniche acquisite (pitture, sculture) e tecniche ancora con ampi margini di definizione e sperimentazione (software, immagini ritoccate, suoni compressi), mette proficuamente in dialogo due mondi solo apparentemente distanti, ma che condividono una ‘decodifica’ del reale effettuata da prospettive diverse. Curata dell’attivissima Fatima Lasay, l’esposizione è capace di relazionare opere d’arte partendo da un ampio contesto in cui tradizione e innovazione giocano sullo stesso piano, rinforzandosi a vicenda e intrecciando le rispettive peculiarità espressive. Fra le opere mediatiche selezionate in questa serie di binomi artistici ci sono: ‘textension’ di Josh Nimoy, un generatore di frasi ottenute carattere per carattere superando l’adusa metafora della macchina da scrivere, le astratte costruzioni di spazi degli ‘Spatial Inquiries’ di Bong Segovia, l’audio dei Batch83 e degli Elemento, le alchimie in photoshop di Carl Chua in ‘MonkeyPark’, il rapporto fra verbo e suono di AJ Dimarucot in ‘Celsius’, le pitture animate di Mik Gococo in ‘Kingdom’, le architetture in collisione tridiemnsionale di Denmark Yaneza in ‘Quagmire v4’, e il trailer di bagliori di Harold Khan in ‘Everything has to Start’.