Olivia Louvel – SculptOr

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CD – Cat Werk Imprint

Sono nove le composizioni che Olivia Louvel raccoglie in questo album, ispirato alla vita e ai testi di Barbara Hepworth, scultrice modernista inglese, contemporanea di Henry Moore e scomparsa nel 1975 in un drammatico incendio del suo studio in Cornovaglia, ora sede di un museo a lei dedicato. Louvel non è nuova agli intrecci di simili narrazioni ed è sempre a suo agio fra creazione poetica e documentazione, organizzando la sua stessa voce in maniera scultorea, fra tagli più netti e rotondità armoniche, sussulti digitali e silenzi, attivando la sua controllata operatività in maniera cantata o parlata. “Use Your Own Body”, la prima traccia in scaletta, immediatamente c’immerge nelle atmosfere del progetto, fra ticchettii – come d’una macchina da scrivere nervosamente utilizzata – e sensuali cantilene spoken word. La sound artist s’avvale per le sue composizioni di AudioSculpt, un software molto visivo nell’elaborazione del suono e ottimizzato al fine di modificare file audio. L’interazione che ne deriva non è poi tanto dissimile da quella di un artista tradizionale che elabora dei bozzetti per un’opera scultorea, semmai modificandone in successive versioni alcuni sensibili particolari. La fisicità della scultura e il suono nella sua concretezza sono punti fermi che illuminano ogni solco delle tracce presentate. “Detesto un giorno senza musica, senza lavoro, senza poesia”, scriveva Hepworth, e per Louvel questa è sostanza reattiva, rafforzata dalla creatività, dalla passione, dalla vicinanza a un siffatto modello di donna. In “I Draw What I Feel In My Body” Louvel rincara la dose dando voce ad un protofemminismo a largo spettro che oggi è sviluppato in maniera certamente lucida e produce criticamente suggestioni affascinanti, assai bene manipolate con tagli decisi ma dal cipiglio decisamente sensuale, con parole organizzate in forma nuova, come plasmate, operazione che ha ancora a che fare con la pratica della scultura. Una delle tracce più significative dell’album è sicuramente “The Weaver”, dal quale trapela una grazia un po’ inquietante, ipnotica e solenne ma anche meticolosamente cesellata, così come in “The Sound Of A Mallet” è una ritmicità raggelata quella dei colpi agiti, musica per le orecchie dell’artista che dà forma a un’opera. SculptOr è un album perfetto, insomma, nella fusione di sensibilità in totale sintonia, un opera ricca di suggestioni autorali e musicalmente impeccabile.

 

Olivia Louvel – SculptOr