Taiwa Hensokuki, due macchine che si parlano

Taiwa Hensokuki

Anche se ad una prima impressione sembra solo roboante, “Taiwa Hensokuki“, un lavoro del 2006 di Mohri Yuko, si rivela costituito di due laptop IBM che hanno installati software di sintesi vocale – uno è settato per tradurre testo in voce, mentre l’altro attua il riconoscimento vocale. Il lavoro di Mohri, incluso nella mostra Extended Senses, stabilisce una nuova installazione per una funzionalità tecnologica assodata sfidando i computer ad interagire con sé stessi piuttosto che con il tipico utente umano. I due computer montati a muro sono programmati per avere una conversazione trasmettendosi e scambiandosi dati, che con l’andare del tempo ciclano e si trasformano in qualcosa di banale e incoerente. In fatti, Taiwa significa “dialogo” in giapponese, mentre Hensokuki può essere tradotto come “trasmissione”. Il testo che un computer legge “ad alta voce” è analizzato dall’altro, che legge a sua volta il risultato dell’interpretazione per attivare l’analisi per primo, avanti e indietro in una sorta di loop; un processa che si ripete per tutto il giorno. Attraverso due cavi RCA collegati ad un amplificatore, la conversazione in loop è trasmessa a due altoparlanti senza casse. I frastornati risultati dell’incontro virtuale, in una monotona voce da robot femminile giapponese, alludono alla vulnerabilità degli input tecnologici e alla fragilità dei funzionamenti della macchina. Infine i risultati sono resi attraverso una stampante Epson, sospesa a quattro metri dal suolo con l’output cartaceo che si arrotola su stesso sul pavimento.

Vicente Gutierrez