Blood, macchie di sangue simulato.

Il vastissimo territorio della programmazione del software offre infinite possibilità d’ispirazione che consentono tanto di simulare processi organici, quanto di svelarne la natura fittizia di un’insieme di regole codificate in binario che le sovrintendono. Sempre in bilico fra l’intrattenimento e la ricerca estetica, i designer dell’interazione riescono spesso a cogliere il lato ironico della comunicazione tramite schermo, mouse e linee di codice. In ‘Blood‘, ad esempio, Tota Hasegawa gioca con l’ironia della simulazione, convertendo una classica interfaccia di programmi ‘paint’ per disegnare in un’apposita griglia verosimili macchie di sangue che dopo poco svaniscono in progressione, accompagnate da grida di dolore. Realizzato in shockwave, il lavoro fa parte della mostra online ‘as – as programming as designing as playing as’, che ospita altri tre lavori di altrettanti designer e programmatori giapponesi (exonemo, ages 5 &up; e Ryota Kuwakubo) alle prese, in ultima istanza, con possibili ridefinizioni dell’interfaccia, mescolando le acquisite modalità d’uso, utilizzate quotidianamente in modo che provochino salutari dubbi e stravolgano certezze.