AGF | Harrga | Lafawndah & Trustfall | Chino Amobi | Savvas Metaxas – Future Chorus

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LP – Hypermedium

Voci femminili, presenze animali, tamburi, grida e lamenti, un violoncello e poi ancora campane, risucchi, ticchettii, un’intensità maniacale che caratterizza gran parte degli interventi testuali e che sembra a momenti lasciare il posto ad una rete d’interazioni maggiormente astratte e indecifrabili. Sonorità claustrofobiche eppure ben spazializzate nel loro flusso multisensoriale. Che si tratti di qualche rituale particolare è la prima impressione all’ascolto, che evidentemente non può ridursi solo alla percezione di un fatto sonoro dal punto di vista tecnico. Fruizione che non può nemmeno essere ridotta a una esperienza asettica, considerando che gli sperimentali inviluppi sollecitano sfere emotive della nostra percezione auditiva molto primarie e viscerali. In Future Chorus le letture, insieme alle parole pronunciate, ai suoni non linguistici, alle poesie, alle rarefatte arie al violoncello e alle voci di animali, oltre alle voci artificiali risultato di procedimenti di machine learning, danno vita ad un continuum molto articolato e totalizzante. Il progetto prende le mosse a partire da una ricerca di Eleni Ikoniadou, accademica, scrittrice e teorica, direttrice e fondatrice dell’Audio Culture Research Unit presso la Kingston University di Londra. Ikoniadou, che è suo agio con quelli che sono gli ambiti specifici dell’arte contemporanea e della cultura digitale, ha inaugurato con Future Chorus un nuovo corso d’esperienze prestando il fianco ad un’uscita discografica, cosa che è avvenuta per necessità, essendo stata decisa durante il blocco istituito per la pandemia SARS-CoV-2, restrizioni che rendevano impossibile condividere pubblicamente – ad esempio sotto forma di installazione o performance – i risultati della sua ricerca. Il collettivo di artisti sonori coinvolti – AGF, Harrga, Lafawndah & Trustfall, Chino Amobi e Savvas Metaxas – ha funzionato come dispositivo conoscitivo, metodologico e sonoro, diventando esso stesso una macchina di produzione concettuale oltre che una “orchestra” capace di lavorare a distanza in un processo d’interazione dialogica che ha provocatoriamente messo in luce quanto “l’idea singolare dell’umano come animale parlante razionale” sia, in definitiva, “una categoria obsoleta e non valida”. La relazione che qui è particolarmente interessante è anche quella innestata tra le voci umane e quelle digitali, una prospettiva che è rivolta al futuro e che ci aiuta a sfidare vecchie definizioni, costringendoci a considerare altri paradigmi. In questa direzione è possibile portare sotto i riflettori anche il tema dell’animalità, in quanto entità teorica privilegiata che dimostra l’esistenza di un mondo esterno al soggetto umano, finalmente libero da ogni ossessione antropocentrica. Ogni orecchio ragiona a suo modo e molteplici sono le voci che decifriamo del mondo: esseri umani, animali e intelligenze artificiali condividono le stesse realtà ma ognuno fa esperienza d’un mondo particolare, perché differenti sono gli schemi concettuali utilizzati.

 

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