Steve Bates – All The Things That Happen

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CD – Constellation Records

Negli ultimi anni molto ha nuociuto a tutta la comunità artistica internazionale – e in particolare ai musicisti – la pandemia che abbiamo attraversato e che di fatto non è ancora completamente superata, seppure in molte situazioni all’isolamento imposto la risposta sia stata quella di un maggior impegno, che ha creato anche le giuste sollecitazioni per cambiamenti di rotta e inedite sperimentali contaminazioni. È il caso di questo progetto di Steve Bates, un disco che è cresciuto proprio nel distacco da un quotidiano ordinario, a Saskatoon, in Canada, un’area che una volta era territorio prettamente indigeno. Evolvendo da una dimensione ambientale, silenziosa e mesta, verso lidi maggiormente rumorosi ed emozionalmente significativi, gran parte del materiale registrato è stato realizzato utilizzando solo un Casio SK-1, una tastiera giocattolo lanciata sul mercato nel 1985, che bene è servita in una ulteriore limitazione autoinferta che assume venature poetiche disparate, iniettando distorsioni ma anche un’ineffabile malinconia pre-internettiana e retrofuturista. Bates stesso ha affermato che nella coercizione dell’avere più tempo a disposizione “ha continuato a cercare più consistenza e rumore”. Forte di un background giovanile radicato nella comunità anarco-punk canadese e di un bagaglio musicale che lo ha portato a partecipare a progetti hardcore e indie rock, Bates subito imprime con “Groves of…Everything!” intrecci distorti e ronzanti, introducendoci a qualcosa di poco ordinario, umbratile, sibilante ed elegiaco. In “These problems are multiplied by the difficulty I have in front of a tape recorder” le sequenze si fanno maggiormente melodiche e ondulate, frutto comunque di una certa dimestichezza strumentistica con una così spartana tastiera. Anche in “Glistening” Bates alimenta un pacato contrasto fra passaggi melodici e droni nosey, frutto di controllati feedback, mentre in “Covered in silt and weed” l’andamento è ripetitivo, echeggiante e gentile. Non si cambia registro in “Destroy the palace”, “Glimpse an end” e nelle altre tre tracce presentate, “Bring on black flames”, “ We do not, nor to hide” e nell’ultima in scaletta, la beatifica “September through September”, la giusta outro per un album dalla significativa struttura emotiva, pieno di sentimento e con un approccio innovativo pur nell’utilizzo d’effetti, amplificatori e dispositivi elettronici alquanto datati.

 

Steve Bates – All The Things That Happen