Richard Scott – Delirious Cartographies

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CD – arbitrary

Oltre a vari microfoni, idrofoni e registratori, Richard Scott utilizza in questa uscita sintetizzatori analogici e modulari, alcuni di questi davvero iconici, ai quali vengono affiancati programmi come maxMSP e campionatori, controller autocostruiti ed effetti, ad esempio una Blippoo Box di Rob Hordijk. Delirious Cartographies, dice lo sperimentatore berlinese, cattura aspetti della sua personale esperienza sonora di tempi e luoghi specifici, superando di fatto quello che è il suo abituale lavoro con i sintetizzatori analogici. “Queste composizioni aprono porte e finestre sul mondo esterno, incorporando field recording effettuate in vari luoghi e situazioni”. Scott chiama “dialoghi molecolari” quella che è la relazione fra elementi sonori e geografie, sottolineando quanto l’ispirazione sia stata guidata dai contesti che lo circondavano ma senza che questo desse vita a una narrazione precisa, non condividendo necessariamente punti organici di connessione. Del resto anche il titolo, che non può che rimandare alle Schizoanalytic Cartographies di Felix Guattari, è a suo modo un ossimoro, un originale contrasto che lega fra loro due termini che nella vita reale appaiono incompatibili. Sono quattro le tracce presentate, tre piuttosto estese che vanno all’incirca dai tredici ai diciasette minuti e un’altra, la seconda, che dura poco più di tre minuti e mezzo. “Fragments of an everyday cosmos”, la prima traccia in scaletta, c’introduce già dai primi minuti a un’intrigante miscellanea di suoni, una sorta d’improvvisazione studiata, un caos gentile e ben organizzato, fitto di ticchettii, scrosci, gocciolii, scampanellii, voci differentemente modulate, pulsazioni, registrazioni naturali e suoni sintetici. “Grace and delirium in Boliqueime” è molto più breve delle altre composizioni ma l’approccio rimane fondamentalmente lo stesso, con un’importante presenza ritmica e concatenamenti d’ogni tipo utilizzati per mantenere costante il livello d’attenzione. In “Thunder, actually bicycles…” si sposta l’equilibrio più sul versante del sintetico e di ambientazioni aliene, prima di chiudere con “Further fragments of an everyday cosmos”, ulteriore dimostrazione – utilizzando ancora le parole di Guattari – che “la realtà del possibile ha sempre la priorità sulla possibilità del reale” e che le mappe che si sono tracciate consentono di ipotizzare solo alcune preliminari conseguenze, forse la visione d’una musicalità finalmente liberata dalle ordinarie coordinate dei generi stilistici e delle soluzioni preconfezionate.

 

Richard Scott – Delirious Cartographies