/roʊˈdeɪoʊ/, Let’s Play: Hollywood

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/roʊˈdeɪoʊ/ Let’s Play: HOLLYWOOD, il nuovo lavoro di Cory Arcangel è un super computer che gioca (e impara a giocare mentre gioca) in tempo reale a “Kim Kardashian: Hollywood”, un video game Android in cui lo scopo è assumere sempre più fan e punti per diventare una celeberrima star di Hollywood. Utilizzando un imponente e complesso processo di apprendimento automatico realizzato ad hoc, il sistema calcola e identifica le azioni di gioco più efficaci sulla base di un algoritmo per rinforzo (reinforcemnt learning) e può di conseguenza fare tutto ciò che è permesso ad un giocatore umano: clic, doppio clic, scorrimento e riavvio del gioco. Tutto viene inoltre raccontato mentre accade: ogni atto del sistema (che può essere euristico, generato dall’intelligenza artificiale o casuale) viene mostrato agli spettatori tramite una serie di emoticon che scorrono in sincrono sulla destra dello schermo rappresentando sinteticamente le attività in corso, di cui viene fornito nel sito web del progetto un preciso glossario. Nell’installazione l’opera qui prende il suo spazio con un’estetica imponente e decisa: un enorme schermo centrale viene affiancato da un super computer fisicamente presente e visibile. A differenza dei precedenti videogiochi d’artista dello stesso autore (come ad esempio “Various Self Playing Bowling Games” o l’iconico “Super Mario Clouds”), questo sistema non modifica in nessun modo il gioco stesso. Il punto qui non è più isolare ed enfatizzare un aspetto estetico o funzionale del gioco e trasformarlo in un paradosso “preregistrato”, estrinsecato dal codice, come in una sineddoche. Il processo qui è più un’iperbole: la narrativa è costruita su un dispiegamento di forze decisamente sovradimensionato rispetto allo scopo mostrato, quello di giocare ad un videogame obsoleto, graficamente semplice e con una narrativa povera. Forse con l’intento di mostrare, con violenta dovizia di particolari, il continuo essere sottoposti a meccanismi competitivi di gamification per demistificare l’effetto illusoriamente gratificante di vincita, orientate ad obiettivi che non nutrono affatto il nostro pensiero, ma anzi lo appiattiscono.
 

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