Michael Lightborne – Sounds of the Projection Box

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LP – Gruenrekorder

Nel novero delle estetiche retrofuture è sicuramente da menzionare questo Sounds of the Projection Box, un atto di riverenza per le tecnologie d’antan che si deve a Michael Lightborne, artista e Associate Professor al Department of Film and Television Studies dell’Università di Warwick (UK), istituzione nella quale lo sperimentatore e accademico si occupa delle relazioni tra cinema, suono e architettura, documentarismo e field recording. Sin dai primi solchi di “The Thing”, traccia d’apertura dell’album, in questo che è anche un evento speciale del Mediafest 2018, con le urla che si stagliano in quanto frammenti di registrazioni cine-fonografiche, è chiaro che la scelta operativa d’un ambiente specifico è in primo luogo affettiva ed è condotta seguendo le stesse poetiche di quelle forme artistiche per le quali si ha maggior attinenza e prossimità. Ma è altresì evidente che questo tipo di metodo – allo stesso tempo – possa essere utilizzato per analizzare anche altre sfere d’interesse, di attività e di ambienti. Precipuamente quello che si percepisce è lo spazio sonoro della sala di proiezione, il lavoro del proiezionista e i suoni di alcuni film 35mm. Non ci sembra importante l’analisi delle singole tracce pure se le suggestioni e gli utilizzi possibili di tali materiali possono apparire molteplici anche ai non cultori del genere audio art (la ricchezza di riferimenti è tale da fornire una mole di suoni per svariati usi, dal djing a sonorizzazioni di più tipi, stimolando anche ascolti e approcci differenti). Più decisivo s’imprime il metodo, che riesce a far coesistere la documentazione d’un passato neanche poi troppo lontano – nei termini di quella che è la storia spesso non scritta dei costrutti umani – e la bellezza formale, sempre condizionata quest’ultima dai contesti culturali nei quali questa peculiarità viene pubblicamente riconosciuta. Il lavoro del proiezionista ha sempre affascinato il pubblico dei cinefili, diremmo più per un suo ruolo nell’esperienza visiva e per l’attività in sé, che sollecita trasalimenti fra solitudine e poesia. Qui invece sono gli aspetti auditivi ad essere oggetto dell’attenzione, ad esempio con i microfoni a contatto utilizzati per ascoltare i suoni nascosti dei proiettori. Ad essere ispezionato nelle sue pieghe più recondite è il mezzo stesso attraverso il quale scivola la comunicazione, perfino elevando la metodologia sensoriale etnografica a un modello di musicalità possibile (cosa che immaginiamo farebbe accapponare la pelle ad altri accademici di scuola musicale più strettamente ortodossa). In definitiva, per quello che a noi compete, questa uscita Gruenrekorder è da posizionare fra gli album più interessanti dell’anno.

 

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