Othello Aubern – Two-Way Switch

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12” – Le Cabanon

Othello Aubern, classe 1987, vanta origini italiane per parte di madre ed elvetiche in linea paterna, seppure adesso viva ad Omsk, città della Russia situata nell’area siberiana sudoccidentale e capoluogo della regione omonima. Sarà forse proprio il cielo di quelle notti stellate, spesso illuminato improvvisamente da meteoriti o da anomali fenomeni atmosferici, ad aver sobillato le giovanili ossessioni dell’autore per lo scambio di segnali Terra-Luna-Terra, malìe che contemplavano anche molte fantasie sulle emissioni sonore interconnesse a tali immateriali relazioni. Gli esperimenti scaturiti da questa passione sono stati in seguito accuratamente registrati e raccolti, assemblati allo scopo di dar vita a precise creazioni di figure musicali. Two-Way Switch risulta subito assai intrigante, grazie a un’elettronica sperimentale e personalissima, dalle venature glitch e space, con ritmiche decisamente fratturate e pulsanti, innestate da oblique melodie a far capolino fra i solchi, agitando suggestioni un po’ aliene e paesaggi inabitati. L’uscita, che va ad infarcire gli scaffali della serie Colors di Cabanon Records, è comprensiva di cinque differenti tracce, per un totale di oltre ventisei minuti. È quindi a tutti gli effetti un EP, anche se nelle intenzioni di Othello Aubern il respiro è quello d’un opera ben ponderata, densa e intimamente coinvolgente, una specie di manifesto poetico insomma, forte di costruzioni piuttosto lavorate e atmosferiche, astratte e stilizzate, che ci rimandano in “Eme” a Luke Slater e a quella wave di matrice syntethic funk, oppure a più rarefatte e sinuose elaborazioni puntiniste, ad esempio in “Zootrope”. “Samaritan Metric” parte invece con una lunga e quasi silente introduzione, ma pure sposa poi rotte metriche così come “Triple Double”, che ci riserva tuttavia un costrutto più aspro e sottilmente vibrante, unito ad armonie appena accennate e tinte di trasalimenti cinematici. Si chiude con “Buffer Zone” e l’organizzazione dei suoni si fa più orchestrale, l’andamento diradato ma complice, suadente, ispirato a una bellezza diafana e algida al tempo stesso, dalla quale non è possibile prendere le distanze. Othello Aubern alla sua prima prova coglie nel segno e l’augurio è che possa – anche allontanandosi da fascinazioni così forti per la sua formazione – presto tornare a raccontarci di nuove futuribili avventure.

 

Othello Aubern – Two-Way Switch