The Virtual State of Jefferson, uno stato router

The Virtual State of Jefferson

Gli artisti Ethan Miller e Ethan Ham hanno creato una installazione nello Schneider Museum of Art, presso la University of Southern Oregon, che trasforma l’università stessa, almeno temporaneamente, in University of Jefferson. L’installazione si chiama ‘The Virtual State of Jefferson’. L’opera è (anche) una riflessione poetica sul desiderio degli abitanti della zona di fondare un (nuovo) cinquantunesimo stato degli Stati Uniti: lo stato di Jefferson. Appena prima della Seconda Guerra Mondiale, questo movimento separatista è stato molto vicino a raggiungere il suo obiettivo ma Pearl Harbor ne ha distrutto le possibilità, disperdendone le energie. Il sogno dello stato di Jefferson, tuttavia, non è mai realmente svanito. Gli artisti danno a questo vecchio movimento separatista un nuovo vigoroso impulso, rendendo lo stato di Jefferson una reale zona di frontiera, se visto però attraverso gli occhi dei motori di ricerca. ‘The Virtual State of Jefferson’ è una di quelle (belle) opere crossover che unisce arte concettuale, attivismo artistico e software art. Tecnicamente si basa su un ‘upside-down-(In)ternet’, un ‘hack’ leggero creato una volta da qualcuno che non amava che i suoi vicini accedessero alla sua rete wireless. Chiunque acceda al router viene reindirizzato attraverso un server, il quale esegue un software che cambia l’aspetto del browser. Nel caso di ‘The Virtual State of Jefferson’ la parola ‘Jefferson’ si sostituisce automaticamente a tutte le occorrenze delle parole ‘Oregon’ e ‘California’. I reality hacks sono i miei preferiti. Rivelano le trappole della percezione, oscurata dal torbido sovrapporsi dei mondi online e offline. Noi crediamo nei nostri motori di ricerca, attraverso cui navighiamo fiduciosi. Finché non ci imbattiamo in un risultato “a testa in giù”, raramente dubitiamo di loro. Questo è il perchè, quando navighiamo nel Museo di Arte Schneider, Redding California diventa Redding Jefferson. Solamente, ci fa immaginare il futuro dei mezzi di informazione.

Josephine Bosma