Play Cultures, il mondo dei giochi digitali nell’arte e nella cultura contemporanea

Play Cultures

Play Cultures photo set
La cosiddetta “game culture” sta diventando un vasto territorio culturale che va dalle sue origini pop ai crescenti studi accademici. “Play Cultures” è stato un titolo appropriato per un evento costituito da una mostra, simposio e workshop tenutisi a Novi Sad (Serbia) al Museo d’Arte Contemporanea Vojvodina. Supportato con passione dal collettivo Kuda, è stato un evento illuminante con tematiche che sono andate dallo sviluppo del videogiochi attraverso software open source (incluso il Ludex Open Source Game Operating System). fino al potenziale sociale, politico, estetico ed educativo dei videogame. Nella mostra venti artisti riconosciuti game artist sono stati selezionati con alcuni dei loro lavori più significativi: AES + F, Alon Tzarafi, Afkar Media, Fiambrera, Gonzalo Frasca, Jodi, Molleindustria, Personal Cinema, Persuasive Games, Robert Praxmarer, Serious Games Interactive, Tale of Tales, Vladan Joler, Vladimir Todorovic and Urtica. Il simposio è durato due giorni e ha stimolato diverse discussioni collettive, a partire dai diversi stimoli che ogni lecture ha provocato. Ilias Marmaras, parte del Greek Personal Cinema collettivo di artisti e curatori (e uno dei più raffinati esperti di videogame in giro) ha spiegato come i videogiochi stiano riflettendo la situazione “post politica”, il liberalismo e il chaos. One dei suoi lavori è un videogame che mette video di YouTube pieni di pregiudizi nazionali in situazioni di conflitto (Grecia-Turchia) su un’ampia mappa, cercando di ricoprire gli spazi vuoti il più possibile. Più controverso di chiunque altro, poi, Konrad Becker ha presentato una lecture/performance nella forma di presentazione aziendale della nuova azienda “Global Security Alliance”, veloce, provocante e ipnotica con una colonna sonora astratta. Destabilizzante e carismatico come sempre, Becker ha posto questioni serie ad una ritmo troppo veloce su come la sicurezza sia diventata una necessità e com possa essere trattata in una prospettiva di risk management, partendo dall’implemetazione del “controllo della paura”… La curatrice Daphne Dragona ha posto a sua volta una domanda scomoda su un tema diverso: chi supporterà in futuro l’indipendente Game Scene? Dopo aver ricordato le sue esperienze di mostre a Mediaterra 06 e al Laboral fra le strategie che ha proposto c’era una metaforica “chiamata alle armi”. Un percorso culturale personale è stato tracciato da Martin Pichlmair, delineando una possibile tassonomia dell’arte dei videogiochi, includendo narrative, percezione, esplorazione e storia come alcune delle sue possibili categorie. Su un fronte diverso Alessandro Ludovico ha analizzato i lavori radicali di Molleindustria, le loro regole non scritte e il loro peculiare uso del tempo. L’intervento provocativo di Péter Fuchs è cominciato dapprima citando Lukacs “nell’arte la gente esprime l’identità” e poi analizzando come le arti funzionali e decorative vadano a braccetto negli online games, specialmente nei costumi (che riflettono ampiamente l’ego) e nelle armi che più che essere concettuali stanno rilanciando il neo romanticismo l’estetica del neo classicismo. Margarethe Jahrmann ha poi parlato della rilevanza dei giochi per la società cominciando con un breve estratto dal film “La Società dello Spettacolo” e continuando poi a spiegare come il gioco trasformativo possa significare incorporare il gioco, i suoi protagonisti e il set di regole in una “reality engine”, concludendo con una ricerca molto interessante sui cosplayer e di come ci sia un potere nella loro estetica e di come giocare rappresenti una strategia performativa all’interno della realtà. Problemi morali riguardanti la creazione di videogiochi sono stati l’argomento principale di Vladan Joler e di come lui li abbia affrontati sviluppando la ri-creazione di un complesso militare con sorveglianza personale (che avrebbe potuto essere aggirata una volta che il gioco fosse stato pubblicato). Kristian Lukic ha poi basato sull’arte concettuale degli anni sessanta e settanta e nella loro fallita dematerializzazione dell’arte il suo intervento, passando poi a come i mass multiplayer game siano una rivoluzione, avendo risolto i problemi fisici di distribuzione (niente più CD), di copia e di pirateria, passando ad una strategia in cui ognuno sul pianeta ha la stessa versione e gli stessi “diritti”. Gordan Savicic poi durante un intervento complesso e strutturat ha sottolineato come il giocatore vuole essere rapito dalla “game engine” in una triade pensiero/azione/reazione. Infine Predrag Nikolic ha fornito un interessante report su Halo3, uno dei più attesi titoli commerciali, come esso definisca la piattaforma Xbox e le strategie di comunicazione virale che sembrano essere efficaci giudicando dai record assoluti di vendite. La lunga discussione susseguente è terminata parlando dei nuovo gioco commerciale e concettuale “Echochrome”, un’altro interessante prodotto ibrido.