Bloomsday On Twitter

Bloomsday On Twitter

Forse un giorno ricorderemo Twitter come il culmine dell’esibizionismo in rete inaugurato da blogs e social networks. Difficile immaginare qualcosa di più compulsivo: Twitter è una community di migliaia di persone che pubblicano brevi messaggi rispondendo alla semplice domanda “cosa stai facendo in questo momento?”. Nel complesso si presenta come una sorta di grande fratello fai-da-te, una babele di enunciati autoreferenziali (“sto controllando l’email”, “sto comprando un computer su eBay”), un soverchiante flusso di coscienza collettivo. Ogni 16 giugno a Dublino si celebra il Bloomsday, una giornata di attività culturali incentrate sull’Ulisse di James Joyce. Fra gli eventi più importanti c’è la rievocazione del percorso di Leopold Bloom, l’odissea dell’uomo comune che si dipana per le strade della città nell’arco di una giornata. Cosa accumuna il più importante romanzo del novecento con la più estrema piattaforma del web 2.0? Niente fino allo scorso 16 giugno, quando Ian Bogost e Ian McCarthy, game designer e studiosi di narrativa non-lineare, hanno scelto Twitter come palcoscenico di una singolare performance online. Il decimo capitolo dell’Ulisse che raccolta simultaneamente le vicende di diciannove dublinesi è stato adattato per il microblogging. Il testo originale è stato scomposto in frammenti temporizzati ed inserito in un database in modo che un’applicazione potesse pubblicare automaticamente i messaggi a nome dei personaggi/utenti. Il risultato è un bizzarro cortocircuito fra unità di tempo e di spazio, fra cultura alta e cultura bassa. Personaggi di fantasia vengono animati da una macchina e le loro voci si confondono fra quelle, paradossalmente più macchiniche, degli esseri umani. Coerentemente coi tempi del capitolo la performance è durata solo un’ora, probabilmente non compresa dagli utenti di Twitter, persa come una goccia in un oceano di solitudini comunicanti.

Paolo Pedercini