Dark Source, esporre al pubblico i proprietari della democrazia.

Dark Source

Uno degli usi più insensati della tecnologia è il voto elettronico. Senza nessun vantaggio, eccezion fatta per la velocissima (in tempo reale) conta dei voti, questa ‘innovazione’ è in realtà un’enorme truffa. Infatti i voti sono archiviati come file, ossia in maniera infinitamente più falsificabile rispetto a quelli scritti sulla tradizionale carta, e il peggio è che l’intero processo è gestito da software proprietario, quindi con metodi instabili e inintelligibili. Parte della mostra Making Things Public di Weibel-Latour allo ZKM, Dark Source di Ben Rubin rende questo paradosso ancora più evidente. Esso consiste di una rappresentazione dei terminali touch-screen per il voto Diebold AccuVote-TS, recentemente adottati in molti stati degli USA. Si tratta di una stampa di alcune centinaia delle 49.609 linee di codice sorgente scritte in C++ (altre pagine sono disponibili attraverso terminali microfiche), con lo stesso codice sorgente annerito, a causa del segreto industriale che l’azienda ha preteso come proprietà del suo prodotto intellettuale. Questa è un’impressionante rappresentazione di un qualcosa di assurdo: l’atto di regalare agli impiegati di un’azienda che difende il segreto industriale a spada tratta il diritto di gestire e sistematizzare il più importante processo democratico. Quindi la domanda è: può esistere una qualche procedura elettorale che può essere tenuta segreta o posseduta privatamente? No davvero. Ma sfortunatamente questo è un esperimento in corso in molte nazioni, forse un terreno di prova per ‘superare’ lo schema carta/matita in futuro. La tecnologia non serve a tutto, e questo tipo di sogni tecno-positivistici può generare incubi spaventosi.