Translator II: Grower, robot conflittuali.

Translator II: Grower

L’installazione Translator II: Grower di Sabrina Raaf, esposta presso il Kunsthaus Graz e il Peeler Art Center, consta di un piccolo veicolo robot che si muove intorno al perimetro di una stanza, sfiorando le pareti. La macchina è in grado di analizzare i livelli di biossido di carbonio presente nell’aria, grazie a dei sensori digitali che dialogano in modalità wireless con un sensore principale montato su un muro dello spazio espositivo. La presenza dei visitatori e la quantità di ossigeno respirato hanno un effetto immediato sui sensori del robot il quale disegna una linea verticale la cui lunghezza corrisponde esattamente al livello di CO2 esalato e di conseguenza al numero di persone che transitano nello spazio espositivo. Una volta completata una linea, il robot si sposta di qualche millimetro e ripete il processo. Alla fine dell’esibizione, la base delle pareti della stanza è ricoperta di sottili linee verdi (alcune delle quali arrivano anche alla misura di 30 centimetri) che, prese nell’insieme, ricordano la sezione di un campo di erba. Secondo Sabrina Raaf, la metafora dell’erba, che in natura ha bisogno di CO2 per crescere rigogliosa, spiega il significato dell’artificio di un campo verde disegnato da un robot e che richiede il respiro dei visitatori per crescere, mirando a sottolineare quanto le istituzioni artistiche dipendano dai loro visitatori per lo sviluppo di fiorenti spazi adibiti alla fruizione dell’arte. Indubbiamente, nel desiderio dell’artista di rappresentare il rapporto tra l’uomo e la macchina come entità vitali, per cui, nel loro reciproco relazionarsi, il Grower, lo spazio espositivo e il pubblico diventano un unico organismo metabolico, ritroviamo echi della riflessione di Baudrillard sul sistema degli oggetti in cui, “uomini e tecniche, bisogni e oggetti si strutturano reciprocamente in bene o in male”. Ma, se la perfezione dell’automatismo di una macchina può implicare il rischio dell’arresto tecnologico, riducendo la posizione dell’uomo a quella di spettatore irresponsabile, in questo caso, grazie all’output artistico del robot sensibile alle condizioni ambientali, le persone presenti nello spazio espositivo iniziano a prestare maggiore attenzione all’ambiente stesso, dando vita a un modello relazionale dinamico in cui le macchine e gli uomini si scambiano informazioni e hanno effetto le une sugli altri attraverso la loro cooperazione. In quest’ambito, come appunto direbbe Baudrillard, si manifesta “la vocazione degli oggetti al ruolo di sostituti del rapporto umano. Nella sua funzione concreta, l’oggetto è soluzione di un problema pratico. Nei suoi aspetti inessenziali è soluzione di un conflitto sociale o psicologico.”