Border Games, videogames sull’immigrazione messicana.

Border Games

La rappresentazione dei conflitti sociali attraverso la narrativa dei videogiochi costituisce una delle concrete occasioni di rendere un messaggio squisitamente politico fruibile da chiunque, codificando visivamente e interattivamente una visione alternativa a quella solitamente propagandata (o completamente taciuta) dai media. Border Games è una coppia di giochi, realizzati da Rafael Fajardo della University of Denver, che spartanamente e giocosamente al tempo stesso rappresentano il dramma del flusso di migranti al confine fra USA e Messico. ‘Crosser’ e ‘La Migra’ mettono in scena due facce della stessa medaglia, ossia la prospettiva degli immigrati clandestini e quella delle forze di repressione, sia pure con gli stessi intenti. In Crosser, infatti, si impersona ‘Carlos’ cercando di portarlo oltre il confine con gli Stati Uniti, facendogli evitare d’essere investito o fermato da ‘La Migra’, la polizia di frontiera. L’obiettivo finale è una ‘green card’, ossia una delle opportunità di cittadinanza U.S.A. messe in palio dal governo che sancisce l’accesso al Sogno Americano. Agli antipodi è, appunto, La Migra, in cui ci si deve immedesimare in un’impiegato della stessa polizia di frontiera che deve tenere costantemente d’occhio il confine e ammanettare al volo gli ‘invasori alieni’, cercando di incarcerarne ( o sopprimerne) il maggior numero per raggiungere lo status di ‘agente del mese’. Tecnicamente perfettibile (sia nella versione mac che in quella web) e decisamente ancora grezzo nell’approccio (molto meno articolato di quello di Molleindustria, ad esempio), ricorda modifiche di classici come Maria sisters, che trattava problemi di sfruttamente femminile, ma contribuisce, in ogni caso a sviluppare quei modelli di rappresentazione che riescano ad innescare punti di vista politici, scollegati dalla realtà mediatica di massa.