Christina Vantzou – No. 5

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CD – kranky

Il compositore è “colui che unisce le cose” e poco importa se questa considerazione sia scaturita quasi per incanto mentre Christina Vantzou si trovava sull’isola di Syros, nel Mar Egeo, per un’esibizione a un festival cinematografico. Quel luogo e poi l’isola di Koufonisia nelle Cicladi, dove successivamente la sound artist si è trasferita per un certo periodo, hanno dato origine ad una quasi illuminazione, enfatizzata dall’isolamento che la pandemia già in principio (siamo a febbraio 2020) iniziava ad imporre. Si è canalizzata così una riflessione importante sulla dimensione autobiografica della musica, attraverso un “processo riduttivo” dei materiali fino ad allora registrati per la programmata uscita. Nell’intimo sentire della compositrice ripensare completamente a tutti gli ingranaggi del progetto è stato quasi come un esordio, la necessaria messa a punto per un nuovo corso, fatto di sonorità innestate da voci e strumenti tradizionali, quali archi, pianoforti, fiati, ma anche da field recording, in un flusso certo romantico e orchestrale dove non mancavano nemmeno campioni estratti da synth modulari e accordi minimalisti e cinematici, in un rapporto pressoché equivalente fra fonti “naturali” ed “artificiali”. L’esatta giustapposizione e gli incastri delle registrazioni effettuate con vari musicisti – ne abbiamo contati ben dodici nelle note allegate – ha presupposto un lavoro di selezione e rifinitura che è andato ben oltre la consuetudine di pur articolate sessioni di mixaggio ed editing. Il risultato è quello d’ambientazioni piuttosto cupe e siderali, ben lontane dai paesaggi “aperti” e “impetuosi” delle isole greche, seppure a tratti un afflato lirico – come rimembrante d’antiche liturgie – faccia capolino fra i solchi, segnati anche dalle influenze della musica barocca, del canto, del lamentio chiesastico e della preghiera cantata. La matrice quietista è stemperata da passaggi più irreali e le composizioni lunghe s’incastrano perentoriamente con brani brevi e nitidi. Tuttavia, solo due registrazioni superano i cinque minuti, “Memory of Future Melody” e “Kimona II”, dense d’un nucleo emotivo assai avvincente, pulsante e catartico, con passaggi operistici nostalgicamente turbinanti, solipsismi ed arie perdute. Quello che conta è il flusso, l’insieme delle emozioni e degli impeti messi in campo, l’autoriflessione interiore, la relazione precaria e complicata che abbiamo con i suoni, con i luoghi e gli ambienti: spazi che poi restituiscono quelle stesse ossessioni che hanno spinto al cambiamento.

 

Christina Vantzou – No. 5