Ross – Yubartas

ross-yubartasok

10″ – Ediciones Éter

Sono tre le composizioni che Ross – per Ediciones Éter, l’etichetta experimental colombiana di Miguel Isaza e Alejandro Henao – dedica a field recording sottomarine di megattere, una specie di balene perlopiù costiere particolarmente nota per il complesso canto degli esemplari maschili. Quale sia lo scopo di tale canto – che può durare dai 10 ai 20 minuti e che viene ripetuto per diverse ore – non è ancora chiaro ma la magia del suo flusso è incontestabile e per l’autore renderne testimonianza è volutamente l’auspicio di un migliore rapporto interspecie. Se in un ambiente naturale gli organismi viventi interagiscono tra loro a vari livelli, questa allora è una ben determinata forma di relazione, cercata dal musicista per riconnettersi ad energie primordiali intense e misteriche. La trama sonora delle catture auditive è tuttavia alquanto spettrale, fonda e inquietante: di quello che è udibile si possono a malapena distinguere sovrapposizioni e dilatazioni. L’effetto complessivo riflette una cifra stilistica che non è frutto di puro documentarismo ma al contrario è il risultato di un’applicazione formale, di matrice estetica e anche poetica. La prima traccia, “Eoceno”, incisione di più di nove minuti, esprime un riferimento esplicito all’epoca geologica nella quale si sono formate le grandi catene montuose attuali, prima del raffreddamento globale che diede origine alle moderne glaciazioni. Il nome proviene dal greco antico e sta ad indicare la nuova alba dei mammiferi moderni, apparsi appunto in quell’era storica. I suoni – per quanto l’augurio dello sperimentatore sia altamente propositivo – non sono affatto quietisti e si stagliano tra le altre emergenze auditive droni sommessi, emissioni gutturali, gorgoglii, sciacquettii, brontolii e risucchi, spesso di consistenza granulare ma di difficile decifrazione. In che modo esattamente lo spazio si costituisce e viene vissuto non è dato sapere, si può solo fantasticare su queste enormi balene, prendendo atto del fatto che “lo spazio acustico, così come lo conobbero gli uomini prima della scrittura è presumibilmente la modalità naturale della consapevolezza spaziale, dato che non fu il prodotto secondario di nessuna tecnologia” come ci ricorda bene Marshall McLuhan ne La legge dei media. Anche nelle altre due tracce, “Leviatán” e “Canción”, la questione dello spazio acustico è predominante. Come percepiamo questo spazio e come intensifica Ross l’esperienza d’ascolto attraverso la manipolazione dei suoni? Aleggia una certa incertezza e la risposta implica i concetti di dimensioni sensoriali e affettive, nonché di come le pratiche e i materiali specifici propri dell’ambiente sonoro investigato intervengano sul risultato, che s’impone comunque elegantemente per bellezza e misura.

 

Ross – Yubartas