Dictaphone ‎– Goats & Distortions 5

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CD – Denovali

Sono atmosfere dagli umori alquanto esotici, cinematici e fascinosi, quelle dispensate per Denovali da Oliver Doerell, Roger Döring e Alex Stolze, band belga-tedesca conosciuta come Dictaphone. Gli accordi suadenti, sin dalla prima traccia di questo Goats & Distortions 5, s’imprimono con una forte vocazione narrativa e subito nella successiva diventano ancora più evocativi, essenziali ed eleganti, fra suoni di clarinetto e violino costruiti con calibrata maestria in scarni passaggi permeati da un approccio sognante e melanconico. Su un vecchio registratore a nastro, ritrovato casualmente da Oliver Doerell nella sua casa berlinese, sono impostati alcuni sample e sempre dallo stesso, utilizzato come fonte sonora, sono tratte alcune catture auditive. L’effetto complessivo è quello d’un jazz cameristico, appassionato e sperimentale, notturno ed evocativo, come nei passaggi di “Your Reign is Over”, nei quali fa capolino anche la voce ammaliante di Helga Raimondi, estremamente a suo agio fra gli “strumenti morbosi” del combo.
Sono trame piuttosto eteree, a tratti spettrali, fitte di tappeti ambientali cupi, di dettagli ed emergenze auditive eccentriche. Non mancano intrecci melodici, infarciti spesso da svariati impercettibili suoni e percussioni nostalgiche mai ridondanti. L’equilibrio è quello d’una musica molto contaminata e terzomondista, astratta ma non neghittosa, misurata nei glitch e sempre piuttosto coinvolgente ed emozionante. È la quinta fatica discografica questa per i Dictaphone – che hanno esordito nel 2002 su City Centre Offices – e gli equilibri sembrano ben oliati, grazie a una cifra stilistica piuttosto minimale, incantata ed eclettica, in qualche modo vintage, così come lo stesso nome della band, ispirato a un registratore lo-fi con motore a velocità variabile, inventato alla fine degli anni ’40. Sono dieci le tracce in scaletta e ognuna rappresenta idealmente un differente viaggio in un unico mondo sonoro, condotte fra svolazzi analogici, ritmi sinuosi e l’elettronica raffinata, elementi in continuo mutamento attraverso informi paesaggi, nebbiosi ma placidi, un po’ surreali e lussureggianti. Non si può affermare come nel periodo post-punk che il pop sia comunque “poesia moderna”, ma questa uscita è ispirata e ci riporta alla musica crepuscolare alternativa di Bruxelles nei primi anni ottanta.

 

Dictaphone ‎– Goats & Distortions 5