Sometimes the online world reveals unsuspected parallel dimensions. This is an unknown restyle of Neural independently (and secretly as we never knew about it) made by NY-based Motion and Graphic Designer, Clarke Blackham. Very nicely made, perhaps only a bit glossier for the magazine’s line, it testifies once more how even your most familiar outcomes can have another life somewhere else.
Bana Haffar – Genera
CD – Touch
Bana Haffar – che è nata nella seconda metà degli anni ottanta in Arabia Saudita, ma vive sin da giovanissima nella Carolina del Nord – dopo anni di studio come violinista classica è passata al basso elettrico e dal 2014 s’interessa di sintetizzatori elettronici modulari. Se un simile percorso può esser letto da molti come una sorta di studiata deprogrammazione dai sistemi tradizionali di teoria e composizione musicale, per altri è solo un approdo avventuroso ma evolutivo. Andrebbe intesa come un’esplorazione d’immaginifiche “zone” – così come progressivamente sono state anche denominate le cinque suite presentate – che Touch ha fatto bene a pubblicare, registrate proprio da Mike Harding, patron dell’etichetta, allo scopo di documentare un live tenutosi nel Maggio del 2019 presso l’AB Salon di Bruxelles. Haffar, che di solito utilizza una pletora di sintetizzatori modulari, anche in questa esibizione ha dato spazio ad esotismi, armonie orientali e passaggi melodici. Tuttavia la struttura delle sue composizioni rimane molto istintiva, non troppo lontana rispetto a quando sperimenta al NAMM su un nuovo Moog, soffermandosi il tempo necessario fra sorde e basse frequenze, provando differenti arpeggi e modulazioni, sperimentando funzioni e limiti degli stessi strumenti musicali elettronici. Genera ha una durata complessiva di soli 32 minuti e nella prima delle sezioni presentate annette field recording di musica araba tradizionale alle quali sono aggiunti click, altre emergenze auditive sintetiche, metallici sgocciolamenti e svariate decostruzioni. Come in una sintonia radiofonica instabile quelle melodie arrivano da lontano, da un altro mondo. Ma non c’è contrapposizione con quello che Haffar aggiunge di suo. È come se un insieme d’elementi disparati riesca comunque a trovare il suo giusto posto: qualcosa dirada, le atmosfere si fanno improvvisamente più eteree ed astratte, con le trame che indulgono a passaggi ambientali, ma poi nuovamente ritornano più mentali e intangibili. Costruzioni liquide, vortici, droni sommessi: è difficile stabilire ad orecchio se tutto provenga da sintetizzatori e non ci sia niente d’elaborazione software – come se questo stabilisse una differenza significativa. Noi abbiamo preferito abbandonarci ai suoni e forse anche questo è nella stessa volontà della musicista.
Bana Haffar – Genera