Piles – Una Volta

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CD + booklet – Aagoo

Sotto il moniker Piles agiscono i batteristi, percussionisti ed improvvisatori Guigou Chevenier, Anthony Laguerre e Michel Deltruc, musicisti attivi fra Nancy ed Avignone, in Francia, che adesso su Aagoo pubblicano l’album Una Volta, comprensivo di otto composizioni per batteria, una raccolta di brani tutta strumentale che, oltre il CD, può vantare uno spartano ma accattivante booklet curato da Bas Mantel, un concentrato di stilizzate elaborazioni tipografiche, giocato sulla combinazione di font e piccole immagini ripetute, alternate a elaborazioni grafiche a una o doppia pagina, tutte rigorosamente in bianco e nero, alquanto pop o – se preferite – reminiscenti della cultura punk. L’idea d’un simile ensemble risale abbastanza lontana negli anni, nel 1985, quando Chevenier diede vita a Les Batteries, un altro collettivo nel quale abbondavano i batteristi – ma dove trovavano posto anche diversi strumenti musicali – d’impostazione left-field experimental rock. Attitudine che è confermata adesso già con la prima traccia, “Drones and Piles”, di oltre tre minuti, fitta di sibilanti ronzii e subito all’attacco, come riassemblando ere musicali differenti ma sempre con una spiccata vocazione art rock. Se le ritmicità sono abbastanza crude e le influenze improvvisative ridotte all’essenziale, facciamo un po’ fatica a distinguere una struttura precisa e passiamo alle successive composizioni, alcune più estese per durata, come “Kraut and Piles” e “Materials in US”, che superano i nove minuti. Le componenti rumoriste non sono spinte più di tanto e la grana grezza delle batterie acustiche, le percussioni e l’elettronica molto scarna creano un effetto disorientante. Nelle incisioni di maggior durata – a nostro avviso – il trio dà vita alle esecuzioni più interessanti, quelle dove meglio può sviluppare una strategia estetica di natura astratta, disarticolata e sperimentale, mentre fra le altre ci sembra meritevole di segnalazione “Chambre d’echo”, la più atmosferica fra quelle presentate, tintinnante e poi energetica. La composizione finale, “Marie”, è pure di oltre nove minuti e inizia con droni cupi e scuri, piccole percussioni, rullate e colpi di cassa tenuti sempre a volume controllato, innestando una tensione che con mestiere è mantenuta irrisolta. Una Volta disorienta l’ascoltatore con il suo continuum straniante, la combinata alternanza d’elementi ritmici e un approccio disinibito, diretto e per nulla astratto (una propensione che nelle scene audio-art non è consueto ritrovare).

 

Piles – Una Volta