Orson Hentschel – Facades

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CD – Denovali

Una sinuosa voce femminile racconta qualcosa in lingua koreana. L’incedere della narrazione è piuttosto teatralizzato, avvolgente, caldo e un po’ inquietante. L’elettronica in sottofondo è dipanata in maniera accurata e con atmosfere tese e incalzanti. Orson Hentschel è un artista multimediale che non disdegna certo strutture musicali accuratamente sceneggiate, dove gli elementi audio e testuali concorrono nel definire multiformi ambientazioni e caratteri. Il confine tra quello che definiremmo una composizione autenticamente sperimentale oppure una progettualità certo contemporanea, ma fondamentalmente cinematica, è sempre mantenuto incerto: nella prima delle due facades con connotazioni fascinose, cyber e metropolitane, da introspezione onirica e flusso di coscienza, nell’altra in maniera poi non dissimile ma con sottofondi prima silenti, che crescono in maniera molto ipnotica e iterata, come a successive ondate. Il setting è predisposto non lesinando su tutto il futuribile, evolvendo in maniera alquanto rituale e catartica, dando spazio a sonorità sintetiche, che non sono solo uno stanco accompagnamento dell’insensato dialogo in una lingua che comunque non comprenderemmo – considerando oltre che il testo non segue nemmeno un canovaccio o un qualche preciso significato. La parola assume qui il valore di qualsiasi altro elemento musicale, è solo una delle tante componenti che riflettono lo sviluppo della opera. L’idea per questa uscita a marchio Denovali è nata in un periodo in cui Hentschel stava attraversando un preoccupante stato di blocco creativo e scrivere di nulla è sembrato allora l’unico modo onesto per esprimersi, mantenendo un ritmo misurato e abbinando la sua elettronica alla performance parlata di Danhee Joe che ha anche tradotto il tutto. Il contrappunto fra testi e musica deve aver smosso importanti ingranaggi, fornendo il giusto supporto a una creatività principalmente audiovisiva e combinatoria. L’energia è comunque fisicamente palpabile ed elettrizza all’ascolto nelle sue forme melodiche maggiormente evidenti e negli interstizi nascosti, nelle pause del declamare e in quello che è detto ma non capito. Alla fine ci si rende conto che, seppur meno astratta di altre uscite del genere, sempre di lavoro su elementi formali e di linguaggio si tratta: qualcosa si trasforma in qualcos’altro, strati sonori elettronici ripetitivi e minimali sono sovrapposti e l’ascoltatore è tenuto in bilico costante in una suspense di illusioni e allusioni alla quale è difficile opporsi.

 

Orson Hentschel – Facades