Intellect Ltd, ISBN-13: 978-1841506630, English, 442 pages, 2014, UK

I video artisti degli anni eroici (principalmente anni sessanta e settanta) sarebbero ai giorni d’oggi giustamente considerati “makers”. Le loro varie forme di “hacking” con apparati video analogici di ogni genere, comprendono soluzioni bric-à-brac e pura innovazione tecnica, insieme all’utilizzo di impieghi non documentati e inconsueti: un’operatività che ha avuto molto a che fare con il background di svariati progetti artistici e mostre. Questi due volumi di The Emergence of Video Processing Tools non sono destinati ad indulgere in celebrazioni nostalgiche. Gli editori sin dagli inizi sono stati – e lo sono tuttora – profondamente coinvolti nella scena storica “upstate New York” della media art. Nel testo si raccontano storie che hanno a che fare con questa scena ma allo stesso tempo si usano abbastanza stimolanti descrizioni tecniche che costituiscono il tessuto connettivo tra fatti storici e moderni software digitali. Dettagli e documenti che emergono da inestimabili archivi sono discussi insieme all’ultima generazione di strumenti e metodologie. Cosa si nasconde dietro entrambi sono essenzialmente “processi” e le pratiche artistiche risultanti generano un alto livello d’innovazione tecnica e riappropriazione. La video art finalmente spinge il medium ad assumere uno status diverso: da quello di “massa-oriented” a “personale”, da strumento di trasmissione a strumento per l’espressione artistica e sociale. L’illusione contemporanea d’utilizzare un software per liberamente elaborare le immagini risiede nella loro stessa natura di costrutti “preformati”, che sono attivati infine solo da una manciata di preset con cui giocare. Questa avvincente storia – quindi – contestualizzata con tutte le sue silenziose traiettorie possibili può riattivare in maniera critica e liberatoria il pensare alla produzione d’immagini e ad estremamente attraenti conseguenti esiti.