EYEsect, Reality From A Feet Perspective

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Il dispositivo EYEsect è costituito da un casco oblungo e amorfo, rivestito di vernice a specchio. Indossandolo si può sperimentare una visione diversa da quella a cui siamo abituati, che è quella binoculare e stereoscopica. Infatti tramite delle videocamere “mobili” posizionate su bracci allungabili collegati al casco è possibile scegliere un nuovo punto da cui far guardare ogni “occhio”, per esempio un piede, un orecchio o dietro la schiena. La realtà così registrata viene trasmessa all’occhio (vero) corrispondente all’interno del casco. Qui, tramite un sistema integrato di trasmissione di file video, le immagini vengono recepite secondo il sistema di vista umano, creando “impossibili” percezioni della realtà. L’uso del casco assimila questo lavoro ad altre opere simili orientate ad esperimenti percettivi live sulla realtà. Ad esempio Hyper(reality) di Maxence Parance: qui il casco poligonale e giallo permette di visualizzare la realtà circostante riproducendola esattamente in 3D permettendo di interagire con essa tramite un guanto sensore, creando così un circuito che si autogenera all’infinito. Nell’opera The Decelerator l’artista Lorenz Potthast permette invece una visione della realtà con tempi diversi dal suo manifestarsi, rallentandola o accelerandola in tempo reale. EYEsect non è niente di tutto ciò. Quello che gli artisti Sebastian Piatza, Christian Zöllner e Julian Adenauer sembrano voler costruire non è una rappresentazione astratta né una distorsione temporale della realtà. Piuttosto questo lavoro è una possibile risposta alla domanda: “Come NON si vede?”. Il processo di realizzazione dell’opera infatti nasce da uno studio attento sui meccanismi visivi e percettivi di altre specie animali, con il fine di crearne uno completamente nuovo e “customizzato” sull’utente finale. Per questo le componenti interne sono per lo più modellate e realizzate singolarmente con una stampante 3D. IL casco è invece frutto di uno studio ergonomico ad hoc sulla testa di uno degli artisti, primo fruitore dell’intero sistema. Il design del casco e la scelta dello specchio come superficie di rivestimento (che impedisce di vedere le espressioni dell’utilizzatore all’interno) sembra enfatizzare una concezione personalistica della percezione visiva in una prospettiva che sembra essere quella di una “vista” anti-WYSIWYG: il “What You Get” NON è il “What You See”. Chiara Ciociola