Lisa Gitelman – “Raw Data” Is An Oxymoron

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The MIT Press, ISBN-13: 978-0262518284, 192 pag, 2013, English

La fascinazione esercitata dai “big data” – di solito riferendosi a un’enorme quantità di dati digitali ed a un potente software che gli fa compagnia alla ricerca di nuove correlazioni – è ancora fortissima e non sembra dimuninuire in alcun modo la sua incidenza. Questa definizione, scandita da solo due parole, è destinata ad esprimere tutta la potenza di accumulazione dei dati, gestione e sfruttamento, ma serve anche ad oscurare la regola d’oro per la quale i dati sono quello che si fa con essi, non importa quanto grandi siano. Opportunamente, lo storico dei media Gitelman riporta l’hype sulla terra, finalmente indicando una precisa prospettiva. Sono otto i testi dei diversi autori raccolti in questa antologia, che seguono differenti traiettorie ed episodi nella storia dei dati, anche risalenti a periodi pre-digitali. I vari contributi, che provengono da diverse discipline – e quindi sono conseguenti a diversi strumenti e strategie – sono tuttavia assai coerenti e puntuali, a partire dalla descrizione di Garvey che scandaglia in migliaia di giornali degli inizi del 19° secolo quelle che sono state le strategie anti-schiaviste, oppure nel discorso di Raley, assai informato di quella che è la web cookie dataveillance. Per controbilanciare “l’esistenza pura e semplice di così tanti dati” – nelle parole di Gitelman – i petabyte, destinati a diventare exabyte prossimamente, sono immagazzinati in una costellazione di appositi centri in tutto il mondo e questo è importante per capire il loro “costrutto”. La relativa funzionalità sociale e la sua parzialità – in tutti i set di dati ci sono dati inclusi e dati esclusi – inducono inoltre alla necessità di una migliore contestualizzazione delle strategie analitiche. Questa pubblicazione raggiunge a pieno l’obiettivo, perentoriamente accreditandosi come un importante critica alla concettualizzazione sempre insita nell’accumulo.