Ray Caesar, platonismo realizzato.

È interamente digitale, dalla progettazione alla stampa, il processo creativo dell’opera da parte dell’artista surrealista Ray Caesar, il quale, partendo innanzitutto dall’ideazione di modelli tridimensionali attraverso l’uso di un software, e dotando ogni struttura creata di uno scheletro invisibile, che permette di stabilirne la posa e la posizione nello spazio, la riveste in un secondo momento con diverse texture fotografiche, aggiungendo infine alle figure ottenute le ombre e i riflessi per mezzo di un fascio di luce digitale. Innegabilmente nelle sue opere notiamo rappresentazioni ricorrenti che riconducono a simboli del cinema e della pittura surrealisti, quali ad esempio le formiche de “L’Age d’Or” di Buñuel, gli orologi di De Chirico o Dalì, le ossa della “Fishbone Forest” di Ernst, le forbici “per comporre un poema dadaista”; cogliamo riferimenti all’alchimia, la quale, anche per un artista contemporaneo, “ormai destituita di ogni attendibilità scientifica o retorica solennità, può conservare il fascino di un paradigma mitico” (Calvesi): i vasi di vetro contenenti liquido, i volatili per rappresentare la “sublimazione” della materia, l’androgino e la tempesta che alludono al processo di congiunzione degli opposti; scopriamo altresì i numeri 1 2 3 4, ossia la Tetraktys, simbolo pitagorico contenente il principio della natura sempre fluente e nell’opera “Companion”, il cervo volante, che richiama alla mente “Der Hirschkaefer” di Albrecht Dürer. Invero, Ray Caesar sostiene di essere affascinato dall’idea che l’originale di ogni sua opera possa esistere quasi materialmente all’interno del computer in un mondo tridimensionale composto da profondità, lunghezza e larghezza e che tale spazio, anche quando il computer è spento, continui ad esistere secondo “una probabilità matematica”, la stessa che anima il “platonismo” o “pitagorismo” di Galileo Galilei e che ritroviamo nelle parole dello scienziato sulla Natura: “questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (…) è scritto in lingua matematica”. Pur considerando che attualmente, attraverso lo sviluppo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, iniziamo a scambiare la realtà con la virtualità, e che lo scopo di quest’ultima non è il controllo della realtà, bensì il suo assorbimento (Baudrillard), e riflettendo sul fatto che il cyberspazio appare come il “platonismo realizzato”, in quanto chi naviga in esso “lascia la prigione del corpo per emergere in un mondo di forme ideali” (Heim), condividiamo fortemente l’idea di Maldonado il quale contempla la possibilità di prendere le distanze dalla realtà virtuale, arrivando a contenere “gli eventuali effetti perversi che essa potrebbe arrecarci. (…) Una simile constatazione viene, nei fatti, a intaccare l’idea, oggi tanto celebrata dai media, che siamo alle soglie di un nuovo mondo da cima a fondo virtuale. Un mondo che diventa una sorta di realtà virtuale di portata planetaria, una gabbia sigillata dalla quale nessuno di noi, in nessun momento, può fuggire.”