Juanjosé Rivas – GROAR

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LP – BEMIS

Da Languages as Art: Documentary History of Broadcasting: 1920-1950, attraverso tecniche di appropriazione, remixing e campionamento, Juanjosé Rivas ha estrapolato le fonti sonore e testuali che vanno ad organizzare un nuovo costrutto critico e auditivo sul tema del linguaggio e del potere. Roland Barthes definì “discorso di potere ogni discorso che dà origine al senso di colpa”, e specificò che l’oggetto nel quale “si inscrive il potere di ogni eternità umana è: il linguaggio, o per essere più precisi, la sua espressione obbligata: la lingua”. L’arte del linguaggio, sottolinea invece Juanjosé Rivas, potrebbe essere un pleonasmo o un aforisma che cerca di nascondere e abbellire il potente artificio della parola. “Lingua, linguaggio e dialetto tendono a essere visti come inferiori: la lingua madre, un balbettio; madrelingua; dialetti autoctoni. Vengono tutti prima del combattimento, prima della conquista, prima dello scontro con il potere”. È sempre un artificio del linguaggio a far dire a Rivas che “questo album non corrisponde a nessun lavoro musicale, nemmeno nel suo senso più sperimentale”, enfatizzando così un approccio antagonista, decostruzionista, giocoso e anche combinatorio, che richiede all’ascoltatore un contatto fisico con l’opera. C’è tutta una tradizione, invece, che ci ricorda quanto questa tecnica possa a pieno titolo dirsi musicale: è la scuola plunderphonics inaugurata da John Oswald, che fa del montaggio sonoro la struttura portante di un progetto musicale, senza preoccuparsi che le fonti utilizzate risultino riconoscibili, pur nella differenza, o addirittura, come in questo caso, nell’evidenza che i materiali utilizzati siano ben precisi, e inoltre che la loro origine parta da un altro ambito di genere e format comunicativo. Una delle grandi forze ideologiche e di controllo di ogni regime dittatoriale è stata proprio la lingua – questo è indubbio – e la capacità di scardinare ogni relazione che il linguaggio crea esprime la possibilità di una nuova e differente maniera di osservare, rielaborare e strutturare le cose, quella che in altri termini si può dire “la nostra visione del mondo”. Juanjosé Rivas è abilissimo in GROAR nel distruggere, brancolare e giocare con le parole, riempiendo di nuove connessioni l’ordine linguistico preesistente, manipolando anche quello che è impossibile cancellare: i silenzi, gli spazi, i sussurri e il ritmo, unitamente ai suoni che riformula senza svincolarsi dall’improvvisazione come risorsa principale.

 

Juanjosé Rivas – GROAR