Robin Schlochtermeier – Spectral

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CD – Denovali

L’eclettico Robin Schlochtermeier, compositore e sound designer, musicista di formazione classica che non disdegna di prestare la sua opera per il cinema e la televisione, ritorna su Denovali dopo due EP, usciti uno nel 2017 e l’altro nel 2018, questa volta con un album comprensivo di nove differenti brani. Gli intrecci sonori sin dalla prima traccia in scaletta, “Lapping”, confermano un approccio combinatorio e l’utilizzo d’elementi sia organici che occasionalmente di sintesi, in accostamento a strumentazione tradizionale ed elettronica. In questo caso il pianoforte è in evidenza, insieme a una sequenza dronica piuttosto dilatata ed insinuante. Similmente nel pezzo successivo, “Woodlouse”, e nell’altro ancora, “Glacial”, è il flusso pianistico a dettare la grazia e l’espansione dei brani, seppure le trame in sottofondo si fanno più corali e stratificate. “Foghorn” è composizione umbratile e malinconica, ellittica e introversa, mentre in “Transparence” è un effetto come di risucchio ad unirsi al pianoforte ed al resto dell’orchestrazione cameristica. Anche “Flutters” risuona idealmente di flebili ricordi e narrazioni fantasticate. In “Sonnenstaub”, invece, a delle tenui percussioni sono aggiunte le registrazioni del frangersi di onde, rimanendo su un registro alquanto meditativo e assai placido. Si chiude con “Vapours”, decisamente elegiaca e un po’ più solenne di tutte le altre. L’album è piuttosto ambientale ed evocativo, intimo e onirico: il suono del pianoforte preparato induce a sensibili rimembranze e non sembra soltanto un vezzo quello d’utilizzare un pianoforte verticale inglese degli anni Cinquanta con corde originali consumate e inumidite alla bisogna con stucco per poster (l’effetto è un sustain smorzato, con un attacco acuto e una risonanza morbida). Tutto concorre nel creare un forte senso d’intimità e l’attenzione ai particolari è massima. “La mia ispirazione per l’album” afferma Robin Schlochtermeier “è legata all’essere diventato padre di recente e mentre la coscienza di mia figlia si stava formando, spesso catturavo uno sguardo stupito sul suo viso o notavo che si fermava e fissava qualche piccolo dettaglio nel suo ambiente”. Il profondo senso di mistero e anche d’apertura emotiva è assolutamente conseguente nelle tracce poi elaborate. Spectral non è affatto “spettrale” e tanto meno “spettralista”: l’ascolto è decisamente godibile, le sequenze sempre quietiste e gentili, con l’obiettivo esplicito d’esplorare una tavolozza limitata di suoni e di creare spazio e meraviglia negli arrangiamenti. Risultato che ci sembra decisamente riuscito.

 

Robin Schlochtermeier – Spectral