The Digital Skin Series, the stranger in my face

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Come formato, il ritratto digitale genera una moltitudine di diverse questioni riguardanti l’auto-rappresentazione, la maggior parte delle quali legate alla natura effimera della materia digitale. Una potenziale ed anche infinita variabilità gli conferisce la speciale qualità di essere più astratto rispetto a un mezzo di archiviazione, tuttavia sottoposto a trasformazioni infinite conserva gli elementi visivi essenziali che ci permettono di riconoscere in esso un ritratto. Oltretutto, la raccolta di immagini di noi stessi e anche di persone che per caso compaiono nelle nostre foto e selfie pubblici (una sorta di infinito casuale “photobombing”) è qualcosa che non sempre è facile da gestire. In questo contesto, esistono parecchie nostre foto su hard disk di altre persone e su schermi che noi non vedremo mai oppure di cui non ne siamo al corrente, probabilmente passate inosservate e ovviamente non taggate. “The Digital Skin Series” di Emilio Vavarella sembra collocarsi nel punto d’intersezione tra queste due traiettorie. L’artista utilizza uno scanner 3D per costruire un preciso modello a tre dimensioni del suo volto. Poi usa un prototipo di fotocamera per fotografare ritratti di estranei in HD. Infine applica questi ritratti alla sua testa digitale, come se fosse un nuovo livello digitale. Il contrasto tra gli scatti bi-dimensionali classici e il modello tridimensionale sottostante produce un risultato esteticamente inquietante, mantenendo nonostante tutto gli elementi essenziali che permettono alla persona ritratta di essere riconosciuta. I tratti somatici distorti e la matrice 3D e le assi che l’artista usa come background ci ricordano la macchina dietro al processo, ma la pelle/capelli/occhi/bocca/ e tutti i dettagli in alta risoluzione richiamano un senso di spostamento antropologico nelle nostre capacità di vedere e riconoscere, un testamento di qualcosa sconosciuto al suo primo stadio.

 

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