Lev Manovich – Software Takes Command

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Bloomsbury Academic, ISBN-13: 978-1623567453, English, 376 pages, 2013, USA

Più di una decade dopo la pubblicazione del suo best seller “The Language of New Media” e cinque anni dopo aver iniziato a pubblicare le bozze sulle mailing list, una nuova opera di Manovich è finalmente sugli scaffali delle librerie. Il ruolo preponderante del software nella contemporaneità è stato sottolineato da tempo, quindi la domanda ora è quella di capire i suoi elementi fondamentali (in termini di norme e media) e il loro ruolo strategico nell’influenzare l’intera società. Questo è parte del progetto di sviluppo di una critica costruttiva che potrebbe finalmente dare agli studi sui software la dovuta rilevanza. Manovich si concentra sui software popolari come After Effects, Photoshop e Google Earth, che tratta come casi-studio di “software culturale“ o di “software per costruire oggetti culturali”, analizzando le interfacce e il significato culturale degli standard di riferimento. Partendo da Alan Kay e dalla definizione di Adele Goldberg del computer come un “metamedium”, Manovich sottolinea l’importanza dei software di emulazione nei primi sistemi. Questo non solo è molto utile per una filologia dei sistemi ma anche per renderli espandibili in maniera originale e consapevole della propria storia (al tempo stesso sottolineando come i modelli di business delle aziende IT sono basati sul “dimenticare”, invece di celebrare il loro passato). L’autore insiste sui benefici che potrebbero derivare dalla “ibridazione” dei sistemi e dal rimescolamento profondo (deep remixability) di media e contenuti. Simbolicamente Lev Manovich considera questo libro un pezzo di “software”, una pubblicazione digitale aggiornabile e gratuita, distribuita online, caratterizzata da un costante work-in-progress (per il quale le precedenti versioni sono mantenute e rese disponibili in una sorta di “versioning” delle pubblicazioni). Alessandro Ludovico