The Library of Missing Datasets 2.0,  data reincarnation

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“We can’t talk about responsible data without talking about the moment when data becomes data”. Questo è il punto di partenza della ricerca di Mimi Onuoha, artista che esplora i processi con cui le persone vengono misurate, astratte, rappresentate e classificate in dati strutturati. The Library of Missing Datasets 2.0, è un’installazione che consiste in uno schedario di quelli tipici da arredamento d’ufficio, che simbolicamente raccoglie cartelle fisiche (vuote) di numerosi dataset “mancanti” come ad esempio le “statistiche sulla povertà e sull’occupazione che includono persone che si in carcere” oppure le “moschee / comunità musulmane sorvegliate dall’FBI / CIA”. La versione 2.0 è dedicata ai datasets mancanti relative a persone afroamericane. Sono informazioni che non sono inesistenti, ma per diversi motivi hanno qualche complicazione nella fase di raccolta digitale. L’artista identifica almeno quattro ragioni per le quali questi dati non esistono. Spesso chi ha accesso ad un set di dati è lo stesso soggetto che ha la capacità di rimuoverli o nasconderli. Oppure l’atto di raccolta comporta più lavoro del beneficio percepito dell’esistenza dei dati stessi. E ancora i dati da raccogliere spesso non possono essere descritti con una semplice quantificazione. E per finire, ci sono sicuramente dei vantaggi nell’omissione di alcuni dataset. La trasposizione fisica di questi vuoti nell’oggetto schedario enfatizza perciò un’esistenza: le etichette ordinate, poste in uno schedario di cartelle vuote, ma potenzialmente piene di dati, urlano la loro presenza. Questa trasposizione fisica sembra perciò essere un ulteriore livello di autenticazione della realtà: quello che non può essere astrattamente contato e digitalmente strutturato necessita, per esistere, di un ulteriore livello di rappresentazione fisica. Come fosse una reincarnazione che rivendica e fornisce una prova di effettiva presenza nella realtà. Chiara Ciociola

 

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