ÆTER, it can hear, it can play

aeter

Alla fine degli anni Venti, mentre gli Stati Uniti si preparavano ad essere travolti da una delle più grandi crisi economiche della storia recente, la Russia dei Soviet bussava alle porte del suo avversario di sempre, l’America, presentando il primo (e tutt’oggi l’unico) strumento al mondo in grado di suonare senza entrare in contatto con il musicista. Con questo gesto i russi, forse senza esserne pienamente consapevoli, stavano scrivendo una delle pagine più importanti della musica elettronica: dalle mani del fisico e violoncellista Lev Sergeevič Termen era nato il Theremin. La sua invenzione, nata diversi anni addietro, aveva già affascinato Lenin e una buona parte di pubblico europeo. L’eterofono si prestava infatti a risultati visivi strabilianti: il musicista, per la prima volta nella storia, diventava un demiurgo, un magico sacerdote che con il solo movimento delle braccia e delle mani dava vita al suono etereo che tutt’oggi possiamo ascoltare in molti film dagli anni ’40 e ’50 in poi e in numerosi brani di musica di ogni genere. Alla complessa vita e alle opere di Lev Sergeevič Termen si è ispirato l’artista e compositore danese Christian Skjødt nella creazione di “ÆTER”, un ambiente sonoro immersivo ed interattivo in continua evoluzione. Una serie di antenne, cerchi in rame collegati a circuiti elettronici analogici e a subwoofer aspettano, immobili, pronte ad “ascoltare” e tradurre in suono le onde elettromagnetiche di tutto ciò che, fermo o in movimento, le circonda. L’ambiente generato non è soltanto un’interfaccia tra il visitatore e l’opera, ma una vera e propria rete interconnessa e costantemente contagiabile, laddove le antenne percepiscono e raccontano una storia invisibile agli occhi, con la voce eterea e morbosa dei film di Hitchcock. Benedetta Sabatini

 

Christian Skjødt – ÆTER