Angus Carlyle – In The Shadow Of The Silent Mountain

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digital + book – Gruenrekorder

Sfogliando l’essenziale ma elegante book di In The Shadow Of The Silent Mountain e conseguentemente lasciando partire “Acqua Bianca”, il primo degli otto files relativi alle composizioni che sono raccolte in questo digital album di Angus Carlyle per Gruenrekorder, l’effetto è subito quello di un’immersione profonda in un paesaggio sonoro puntiforme, caratterizzato da suoni naturali, prima poco riconoscibili, poi identificabili con qualcosa di gocciolante, fluido, invernale: forse lastre di ghiaccio che si sfaldano e neve sotto gli stivali. Gli scricchiolii di varia natura cedono presto il posto a sonorità poi accentuate, che in “Bells of Church” sfociano in ancor più descrittive field recording (le campane, il pascolo, voci in dialetto meridionale tipiche d’un ambiente rurale). In “Fifty Breaths in the Valley” invece, sono più ripetizioni effettate, fondamentalmente degli echi ripetuti e un po’ sfumati, applicati a dei frammenti di dialoghi, ad essere giustapposti ed oggetto di editing. Niente di particolarmente trascendentale o di estetizzante bellezza ma che nell’ascoltatore esperienziato sollecitano tutta una serie di domande. Qual è la strategia di questo artista sonoro? Che cosa sta cercando di dirci, esplorare o farci intendere a riguardo di questa esperienza auditiva? Indubbiamente il fatto che dei suoni siano commisti a parole e immagini non è secondario: questa contaminazione era intrinseca in qualsiasi espressione magica ­ – diceva W.S.Burroughs – quindi artistica. Questa connotazione interdisciplinare, anche in riferimento a un’impostazione molto più contemporanea e astratta, nonché in rapporto al tipo di scelta editoriale effettuata (non riportare direttamente dei suoni fisici nel package finale) sembra allora avere a che fare più con la relazione che lo sperimentatore intreccia con i suoni che lo circondano: in questo caso di un preciso ambiente di catture auditive, nei Monti Piacentin, nell’appennino campano. Per Carlyle la sound art non ha bisogno essa stessa di emettere dei suoni e tanto basta perché anche lo scrivere sia sound art, o una fotografia, o un film. L’importante dunque è mostrare il legame che esplica la maniera nella quale noi siamo connessi al mondo che ci circonda: strategia forse assai circoscrivibile ma non priva di un suo indubbio fascino.

 

Angus Carlyle – In The Shadow Of The Silent Mountain