Orit Halpern – Beautiful Data: A History of Vision and Reason since 1945

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Duke University Press, ISBN-13: 978-0822357305, English, 352 pages, 2015, USA

L’esplosione inarrestabile di dati registrati rende sempre più difficile ridurre la sua complessità a una rappresentazione comprensibile e significativa. La scala alla quale confrontarci è sconosciuta. Questa è una situazione ricorrente, soprattutto a partire dalla seconda metà del ventesimo secolo, quando la proliferazione di dati sembra aver bisogno di nuovi strumenti per essere completamente leggibile: invece di concettualmente reinventare la ruota – quindi – una sana traiettoria storica può aiutare, come – in maniera estesa – questo libro dimostra. A partire dalla cibernetica e in particolare dalle visioni riflessive di Norbert Wiener, fino al “paesaggio di senso” di Gyorgy Kepes, l’autrice indaga ciò che definisce “obiettività comunicativa”, in sostanza la riconcettualizzazione di “prova, visione e cognizione”. Diviso in quattro sezioni (archiving, visualizing, rationalizing e governing), questo volume esamina le diverse fasi di raccolta delle informazioni e le mette in evidenza, prendendo esempi da più e differenti discipline e attraversando i loro confini. La smart city Songdo (Corea), la fiera mondiale del 1964-1965, gli esperimenti fatti sugli occhi di rana e il design del giardino di Isamu Noguchi, ad esempio, diventano casi che ci aiutano a comprendere i cambiamenti nella cognizione che ci spinge ad associare la potenziale attrattività dei dati e la sua estetica, finanche nelle sue conseguenze politiche. Questo sapere archiviato – che ora è un processo basato su software, flessibile e in tempo reale – deve poi essere osservato attraverso le lenti della storia che la Halpern aiuta a definire, al fine di fermare il fascino di una visualizzazione dei dati fine a se stessa, incoraggiando invece alternative di riconoscimento dei pattern.