Cathy van Eck – Song No 3, histrionic electronic music

Cathy van Eck, Song No 3 – histrionic electronic music

Le tradizionali retoriche da palcoscenico si ritrovano sovente in una scomoda posizione nell’ambito della musica elettronica accademica. Il movimento modernista fece tabula rasa delle convenzioni diventate obsolete sia per l’influsso della tecnologia che per il desiderio di una cesura netta con il passato ma quando queste retoriche sono un riferimento in questo settore c’è un alto rischio populista e nostalgico, se non di esiti ingannevoli. Song No 3 di Cathy van Eck è un breve studio che stabilisce una brillante sintesi in cui la musica elettronica formale incontra il familiare vocabolario gestuale della performance vocale, trasformando il tutto in qualcosa d’altro. Considerando il microfono e l’altoparlante come strumenti musicali in se stessi, il lavoro di Cathy van Eck indaga le molteplici maniere per le quali il corpo e i gesti del performer stabiliscono una stretta relazione al fine di produrre differenti risultati sonori. In Song No 3 il performer indossa un altoparlante attaccato alla testa di fronte alla bocca, con un foglio di carta attaccato intorno all’altoparlante per nascondere la faccia, tenendo il microfono in una mano. Lo spettacolo è incentrato – infatti – proprio sul movimento istrionico delle braccia e delle mani. Mentre i cantanti come di consueto agitano le braccia per produrre una certa enfasi – il cantante è anche un musicista e un attore – qui questo gesto convenzionale diventa funzionale nell’alterare la distanza tra il microfono e l’altoparlante. Se l’esecutore modula la distanza del microfono – più vicino o più lontano dalla bocca – il suono emesso dagli altoparlanti subisce modifiche. Il microfono è impiegato quindi come sensore per rilevare l’ampiezza del suono emesso dal diffusore relativamente alla distanza agita. Il livello di ampiezza, che viene captato dal microfono, agisce come un segnale di controllo per i parametri software che determinano la generazione del suono. Il pezzo propone una sequenza di diverse possibili mappature tra suono e gesto, che hanno l’effetto di far crescere e poi sfidare le aspettative del pubblico, seppure – trascendendo la strumentazione utilizzata – la figura del performer mascherato e senza volto che emette suoni ultraterreni dal buco nero della bocca tocca archetipi profondamente radicati. Matteo Marangoni

 

Cathy van Eck – Song No 3