E.E.G. Kiss, quantifying the unquantifiable

E.E.G.-Kiss,-quantifying-the-unquantifiable

“Che cos’è un bacio, in particolare?”, si chiede Edmond Rostand nel suo “Cyrano de Bergerac”, avventurandosi in una serie di definizioni poetiche di fama mondiale e anche dimostrando l’impossibilità di immagnare eventuali altri adeguati significati di questo concetto. Uno dei più misteriosi e potenti atti umani è quasi sempre – fino ad ora – sfuggito ai tentativi di essere scientificamente quantificato. Entrando in questo impraticato territorio “E.E.G. Kiss” di Karen Lancel e Hermen Maat è un progetto che indaga su “come un bacio può essere tradotto in dati”, chiedendosi se sia possibile “misurare un bacio e che cosa I bacianti sentano insieme”. È naturalmente una molto aperta e complessa – se non provocatoria – domanda. Potrebbe una qualsiasi quantità di dati essere sufficiente a “misurare’” il vero? Gli artisti stanno usando cuffie E.E.G. (elettroencefalogramma) nelle performance e nelle sperimentazioni per misurare con attenzione l’attività delle onde cerebrali durante il bacio. Ma questo è solo un tipo dei dati necessari: che cosa succede per quanto riguarda la respirazione, l’ossigenazione, la composizione provvisoria del sangue, le endorfine, il livello di ossitocina e la sensibilità della pelle, così come per i fattori che attualmente non possiamo apprezzare come rilevanti? Uno degli obiettivi di questo progetto è quello di sviluppare l’idea di un “bacio rituale digitale”: un protocollo condiviso che permetta alle persone – in un modo o nell’altro – di baciarsi a distanza. Il sogno di eliminare le distanze spaziali, in particolare tra gli appassionati, è una potente narrazione e il gesto di cercare di quantificare quanto è probabile che sia quantificabile (o almeno quello che è molto difficile da distillare in una serie limitata di parametri) è una sfida concettuale che aggiunge un altro pezzo al già complesso puzzle esistente. L’attrazione irresistibile che si impara (o meno) per la gestione a distanza è ancora la forza primaria che compensa la drammatica assenza di contatto, e ciò che noi inventiamo nel mezzo ha lo scopo di rafforzare il nostro intimo racconto di vicinanza, al quale non vogliamo mai rinunciare.

 

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