Charlie Gere – Community Without Community In Digital Culture

Charlie Gere

Palgrave Macmillan, ISBN: 9781137026668, 208 pages, 2012, English
Il titolo di questo libro sintetizza in poche parole ma molto efficacemente un complesso ragionamento. Gere qui sta indagando come le tecnologie digitali – nonostante la loro promessa di creare spazi per la comunicazione virtuale che “riuniscano” le persone – implicitamente favoriscano “non-relazioni” e quindi “non-comunità”. L’autore sostiene che le tecnologie – in particolare i network – falliscono nel colmare il gap infinitesimale esistente tra gli esseri umani: attraverso le sue ricerche egli intende il termine “digitale” come metafora delle connessioni delle mani e delle dita (ad un certo punto citando le stesse argomentazioni di McLuhan: “tattile è lo spazio del gap, non la connessione”). La sostanziale analisi si estende a largo spettro, dall’haptocentrismo del cristianesimo medievale alle opere contemporanee di On Kawara, in cui l’artista ha inviato messaggi regolari (inizialmente cartoline e telegrammi) da luoghi remoti, dimostrando di essere ancora vivo. Il libro contiene un sacco di citazioni di Derrida – nonostante il disinteresse proprio di quest’autore, condiviso con Kawara, nell’utilizzo di tecnologie digitali – filosofo che è confermato ancora una volta nel suo seminale ruolo di nichilista, abile nella decostruzione dei mezzi di comunicazione. Il percorso che Gere segue – allora – è quello d’utilizzare il concetto di contingenza (sottolineato come proveniente dal latino “con + tangere”, o “al tatto”) come una direzione per descrivere la maniera nella quale i nuovi media sono in relazione con la comunità. Il capitolo di Luther Blissett in questo senso spiega perfettamente come l’anonimato nelle relazioni di tipo pubblico può attivare processi di riconoscimento, mistificazione e rafforzamento dell’appartenenza, infondendo il concetto che siamo permeati da identità ben differenziate.