Harun Farocki Interview – Serious Games In Samos

Harun_Farocki_Serious_Games.jpg

Non succede certo spesso di visitare mostre che stimolano la mente durante una vacanza estiva. Ma quest’anno a Samos, l’isola greca più vicina alle coste della Turchia, si è tenuta un’esibizione di uno dei più rispettati registi di film e video dei nostri tempi. Harun Farocki, che vive e lavora a Berlino e può vantare più di cento produzioni per la televisione, il cinema e i musei, ha presentato una mostra Non succede certo spesso di visitare mostre che stimolano la mente durante una vacanza estiva. Ma quest’anno a Samos, l’isola greca più vicina alle coste della Turchia, si è tenuta un’esibizione di uno dei più rispettati registi di film e video dei nostri tempi. Harun Farocki, che vive e lavora a Berlino e può vantare più di cento produzioni per la televisione, il cinema e i musei, ha presentato una mostra personale sull’isola. Grazie al lavoro di curatrice di Antje Ehmann, sono stati esibiti ad un pubblico greco alcuni tra i suoi lavori più rappresentativi degli ultimi dieci anni, con speciale enfasi sul suo progetto Serious Games Series.
Diviso in quattro parti, Serious Games Series (2009 – 2010) è uno dei lavori più rivelatori e diretti e si occupa dell’uso dei programmi di simulazione nelle forze armate. Basato su registrazioni che l’artista ha fatto in basi militari degli U.S A. ed esempi scelti dalle simulazioni al computer, il progetto presenta una visuale di come i giochi vengono usati per il reclutamento, l’addestramento e la terapia post-guerra, come la simulazione stia sostituendo l’occhio umano e in generale come il virtuale faciliti e assista il reale – in questo caso come la invariabile disumanità delle missioni militari viene celata. Senza un’eccessiva carica emotiva o drammatizzazione, l’opera mette il visitatore nella posizione di osservatore inosservato, facilitando la comprensione di questa oscura realtà di guerra giochificata.

Farocki ha lavorato ampiamente in questo campo e, durante l’incontro con lui e Antje Ehmann in Grecia, abbiamo discusso le motivazioni e le sfide su cui si basa il suo lavoro.

Harun_Farocki_Serious_Games_in_Samos_3.jpg

Serious Games II

Allora, com’è nata l’idea nel suo complesso?

[Harun Farocki] Successe dopo che il mio collaboratore Matthias Rajmann mi spedì un ritaglio di giornale in cui lessi che i militari negli U.S.A. avevano introdotto paesaggi digitali in cui i soldati traumatizzati potevano riaccendere i loro ricordi – i ricordi degli incidenti che avevano causato il loro trauma! Sapendo che paesaggi e scenari digitali venivano utilizzati per preparare i soldati alla guerra, abbiamo trovato interessante mostrare un semplice contrasto: immagini molto simili vengono usate sia per preparare che per aiutare a trattare le conseguenze della guerra! Ma dovemmo spendere molta energia prima di poter andare nelle basi americane, in tutto un anno.

Hai osservato gli addestramenti e gli esercizi nelle basi militari e hai anche partecipato a un seminario organizzato dall’Institute for Creative Technology, specializzata in realtà virtuale e simulazioni al computer. Dev’essere stato molto difficile ottenere il permesso di filmare azioni militari…

[HF] In realtà no. Al contrario. Ottenere l’accesso è facile. I militari americani vogliono pubblicizzare i loro centri. Vogliono che la gente li conosca. E non credo che questo avvenga soltanto negli Stati Uniti. Anche Paesi europei hanno fatto partire centri simili e vogliono comunicarlo.
L’idea principale, alla fine, è ingannare la gente. I sistemi di simulazione usati nell’esercito in realtà sono molto diversi dai giochi militari commerciali che si trovano sul mercato. Questi giochi non sono abbastanza realistici. Non possono essere usati per gli esercizi. Nell’esercito, l’istruttore può cambiare la configurazione mentre il gioco sta andando. Può creare nuove difficoltà e sfide. Può manipolare e controllare il gioco, rendendo tutte le opzioni molto realistiche. Si può imparare da che distanza, realmente, si può ammazzare qualcuno. Non è come un vidogame, dove con una pistola si possono uccidere facilmente quindici persone.

Harun_Farocki_Serious_Games_in_Samos_2.jpg

Eye-Machine III

Sei interessato anche agli aspetti positivi dei videogiochi?

[HF] Be’, sì. Non voglio giudicare. Il problema è che vi è una grande contraddizione tra i videogiochi e la vita reale. Nella vita reale non abbiamo molto effetto; non possiamo controllare tutto. Nei videogiochi improvvisamente sei il Signore dell’universo. Evocano una realtà brutale in cui la tua vita è basata sulla competizione, competizione vitale.

D’altra parte è ovviamente interessante che nei videogiochi si possa navigare in modi diversi, avere la possibilità di guardare i dettagli. Non è come in un film in cui sei costretto a seguire una storia principale e identificarti con l’eroe protagonista.

Forse dovrei chiarire che sono le immagini animate dal computer che mi interessano, piuttosto che i giochi. Queste immagini sono sul punto di diventare uno standard, facendo diventare anacronistiche quelle basate sulla fotografia. Perché quelle generate dal computer non sono soltanto una copia del mondo – sono la creazione di un nuovo mondo.

Harun_Farocki_Serious_Games_in_Samos.jpg

Serious Games II

Hai presentato il tuo lavoro più recente, il progetto “Parallele”, a Berlino in giugno. Parallele è basato sul presupposto che le animazioni computerizzate hanno sostituito la fotografia e i film. In un certo senso questo mi ricorda degli scritti di Vilem Flusser sulle immagini tecniche. Saresti d’accordo? Sei stato infuenzato da Flusser?

[HF] Quando il primo libro di Flusser venne pubblicato in Germania, conversai allo ZV con lui per la prima volta. Il suo approccio mi fece una buonissima impressione. Disse che l’introduzione del computer come macchina universale può essere vista come il ritorno dell’idealismo – come nella filosofia greca. Penso che avesse ragione.

Cosa pensi del tuo lavoro presentato in Grecia? In particolare a Samos, che ha una Storia travagliata ed è a soltanto 1,6 chilometri dalla Turchia, dopo una mostra personale su grande scala al MoMA, l’estate scorsa a New York.

[Antje Ehmann]: Anche una politica travagliata, da quanto abbiamo capito. Samos è anche un passaggio, un luogo dove oggigiorno molti migranti cercano di passare coi battelli. È per questa ragione che abbiamo deciso di presentare per la prima volta un progetto che esisteva solo in tedesco. È un lavoro sulla storia della migrazione nella Repubblica Federale Tedesca basato su diagrammi tratti da giornali, da testi scolastici e da pubblicazioni ufficiali. È una critica concettuale dei modi in cui viene presentata la migrazione, che traccia le icone e i simboli fino alla loro origine e li esamina in merito a contenuti di cui loro stessi sono inconsapevoli.

Il progetto a Samos è stato fatto partire da Chiona Xanthopoulou-Schwarz ed è stata una cosa senza precedenti. Non c’era mai stato uno spazio come questo a Samos. E immagino sia qualcosa di veramente nuovo per la gente là. Per questa ragione ci sono libri, con libri su Harun, ma anche sull’animazione nell’arte.

La mostra al Museum of Modern Art di New York è stata ovviamente qualcosa di diverso. Il pubblico del MoMA ha delle aspettative, ma molti di coloro che vanno in un museo sono anche pronti ad essere sorpresi. Tutto considerato, l’esibizione al MoMA è stata accolta molto positivamente. Il critico d’arte americano Ken Johnson ha scritto perfino che il lavoro di Harun è “quasi troppo interessante per essere arte”. Sono felice di poterlo citare, e sono curioso di vedere quale sarà il feedback a Samos.

E cosa dite del futuro? Su cosa state lavorando attualmente?

[AE] Be’, stiamo esplorando le questioni del lavoro. Vogliamo presentare come il lavoro è cambiato, come siamo tutti attaccati ai nostri laptop. È un progetto a rete – sarà basato sui contributi di molte persone diverse. Condivideranno con noi cosa il lavoro significa per loro.

E sperabilmente potremo tornare in Grecia per un altro progetto, questa volta ad Atene.

Ma vi diremo di più del futuro in futuro….

Daphne Dragona