Seth Horvitz – Eight Studies For Automatic Piano

Seth Horvitz

CD – Line
Ispirati dal lavoro di James Tenney, György Ligeti, Charlemagne Palestine, e Conlon Nancarrow, gli otto studi per piano di Seth Horvitz fanno uso di semplici processi compositivi computer-assistiti. Lo scopo è quello di testare i limiti della percezione umana e la precisione della macchina, anche se i mezzi tecnici per esplorare le nozioni di distorsione temporale sono in definitiva minimi nel processo iterativo, innestato su una complessità elegante ma in fin dei conti essenziale. L’esecuzione, coerentemente al concetto di “piano automatico”, è stata presentata in concerto senza la presenza d’alcun “attore” umano, andando a focalizzare proprio il rapporto tra fruizione personale, processo iterativo e comportamento idiosincratico della macchina, ambiti di sperimentazioni assai specifici per Seth Horvitz, autore avvezzo a queste ricerche, forte anche dei suoi studi in Scienze Cognitive all’Università di Berkeley in California. Il pianoforte utilizzato è stato un Yamaha Disklavier C7, strumento assolutamente testato per una modalità d’uso di questo tipo, dotato di servocontrollo per assicurare una riproduzione perfetta e con un’enorme capacità di memorizzazione interna dei brani. In qualche maniera, anche la nozione stessa di tradizionale performance è messa in discussione, pur se oggi in più ambiti fra live elettronici e dj-set si è investiti da “automazioni” differenti, alcune “concettualizzate” altre di difficile assimilazione anche dagli addetti ai lavori (ci si indigna spesso per una funzione “synth” utilizzata in un dj-set ma non della stessa funzione utilizzata in un programma di editing, così come – naturalmente – non destano controversia alcuna le automatizzazioni nelle scene “experimental” sia audio che video).