Paranoid Shelter, invisibilmente intrappolati

Paranoid Shelter

Una densità altissima di dispositivi di rilevamento dati affolla lo spazio dell’installazione “Paranoid Shelter“, un progetto del gruppo di architettura di ricerca fabric | ch. Nonostante la parola “shelter” (rifugio) richiami l’atavico senso di protezione dato da uno spazio chiuso e accogliente, l’apparire scheletrico dell’opera è già straniante rispetto al suo nome. Lo spazio dell’installazione è infatti occupato da tre alti montanti, scuri e imponenti, da cui partono cavi in acciaio che seguono l’invisibile perimetro dei coni di ripresa delle telecamere posizionate sui montanti stessi. Incrociandosi, i diversi cavi disegnano una rete, non fittissima ma abbastanza stringente. Il volume disegnato dall’intrico di cavi è una zona ipermonitorata dove sensori, videocamere e microfoni misurano e tracciano qualsiasi movimento o suono, variazione di temperatura, concentrazione di O2 e CO2, pressione atmosferica, variazioni di luce etc. I dati sono registrati in tempo reale, archiviati in data base specifici in base alla tipologia dell’informazione, ed infine incrociati a vari livelli e relazionati al tempo e poi allo spazio con un avanzatissimo sistema di analisi complessa. Le attività registrate sono messe a disposizione dei visitatori attraverso un punto di accesso di rete wifi. Questo siffatto microcosmo iper monitorato rende visibili (esasperandoli) i meccanismi di rilevazione dati che potrebbero affollare il nostro spazio pubblico e le nostre città, tutte in corsa per avvicinarsi il piu’ possibile a raggiungere un livello molto sofisticato di controllo (in gergo “smart”). Il senso di claustrofobia generato da questo spazio senza alcun muro fisico dirige infatti l’attenzione su un aspetto cruciale della progettazione urbanistica e cioè che la modalità di utilizzo delle tecnologie di ICT ha un peso enorme sulla vivibilità di un luogo. La loro invisibilita’ sollecita ancora di piu’ l’urgenza di una pianificazione condivisa e di valore pubblico facendola diventare paritaria alle altre (solide) infrastrutture che riteniamo fondamentali.
Chiara Ciociola