Elektra 12, report da Montreal, Canada

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Montreal è l’indiscussa capitale culturale del Canada e la più grande città della provincia francofona del Quebec. Anche se c’è un visibile e percepibile il forte lascito della Francia, non c’è dubbio che qui siamo in Nord America, ed inoltre vicina com’è agli agli Stati Uniti Montreal è un luogo che ha visto la nascita di teatri, laboratori universitari (come la favolosa inter-università “Hexagram”, dove diversi artisti tengono i loro laboratori), e l’arte e le istituzioni culturali promuovono una quantità impressionante di iniziative. In questo stimolante ambiente il festival Elektra ha avuto luogo dal 1999 ogni anno nel mese di Maggio. Fondato e diretto da Alain Thibault, il festival ha due anime diverse. La prima è l’IMDA (International Marketplace for Digital Arts), una piccola selezione di ospiti provenienti da differenti parti del mondo invitati a condividere il loro lavoro in una serie di brevi presentazioni, che vede coinvolte istituzioni canadesi e artisti di new media art. Tra le istituzioni di quest’anno ci sono state: Molior, un’organizzazione che sostiene la produzione di progetti artistici che utilizzano i nuovi media; Le Laboratoire d’Arte (Le Labo), una centro di ricerca e sperimentazione sulla media art che promuove artisti di “Franco-Ontarian” a Toronto; Artengine, un centro gestito da artisti ad ottawa che organizza il festival Electric Fields: il Mutek, che da un decennio organizza l’omonimo festival di musica e cultura elettronica; il Society for Arts and Technology, un centro interdisciplinare che promuove la cultura digitale dal 1996.
La seconda anima di Elektra è il programma di eventi pubblici, che si sono tenuti presso la sede del Usine C, un centro culturale con due teatri, una caffetteria, dove hanno avuto luogo un buon numero di performances. “The Tiller Girls” di Louis-Philippe De Mers, Phillip Schulze e Armin Purkrabek è stata una performance dove dodici robot stilizzati in grado di piegare e muovere le loro “spalle” e “torso”, ballavano in sincronia (come le famose Tiller Girls), con alcune percettibili caratteristiche antropomorfiche. La performance “Feed” di Kurt Hentschläger è stata invece una vera e propria sfida. Gli spettatori, dopo pochi minuti di video in 3D, sono stati immersi in una nebbia artificiale (così fitta da non essere in grado di vedere neppure la persona seduta immediatamente accanto), e da potenti suoni a bassa frequenza e luci stroboscopiche. Questo attacco sensoriale ha indotto disorientamento e anche allucinazioni di luce date le peculiari condizioni ambientali, risultando una esperienza sensoriale unica. Tra le esibizioni dal vivo, astrazioni lineari e suoni consistenti sono stati ritrovati in “OR” di Kangding Ray e “Multistability” di Mark Fell, così come nella lunga esperienza di navigazione 3D di “Les Objets Impossi- bles” di Abstract Birds & IRCAM. Il classico stile dogmatico Raster-Noton è stao perfettamente perfettamente sviluppato da Frank Bretschneider in “Exp”. Molto meno serio, anche se più intelligente ed efficace è stato il gruppo francese Architecture 1024 con il lavoro “Euphorie”, durante il quale una particolare animazione delle luci a vari livelli viene spesa con molta ironia per contrastare la sacralità dello spettacolo dal vivo e l’aura sacra di performatori. Anche”Firing Squad” di Tasman Richardson è stato divertente da vedere, tenendo conto che la perfetta sintonia che l’artista applica ai suoni e ai frammenti visivi (come lo ha definito l’autore un “paparazzi’s hail of fire”,) è stata minuziosamente preparata. Infine, il centro Usine C era gremito per la Messier Martin e la sua performance Sewing Machine Orchestra (orchestra di macchine da cucire), con suoni e gesti minimi, luci forti e movimenti precisi. Le macchine per cucire sembravano identiche, ma i suoni prodotti erano tutti diversi. In qualche misura la performance ha ricordato la “Dot Matrix Printer Orchestra” concepita più di un decennio fa, forse non a caso visto che è stata sviluppata da due altri cittadini di Montreal: il duo [The User]. A seguito di una ormai diffusa strategia, non era prevista una mostra centrale, ma sono invece state coinvolte alcune gallerie della città con i loro rispettivi spazi. Herman Kolgen, già presente durante Transmediale 2011, ha avuto uno spazio strutturato presso la “Cinémathèque Québécoise”, con la sua performance “Dust Restriction”. Il suo famoso video proiettato su uno schermo molto grande, è stata posto dopo un piccolo ingresso alla fine di un corridoio con un progressivo restringimento con alcuni spioncini sulle pareti attraverso i quali i visitatori hanno potuto osservare attraverso lenti di ingrandimento di piccole dimensioni scene con agglomerati di polveri e piccole creature morte. Prima del corridoio sono state esposti un vestito e un aspirapolvere completamente “mummificati” dalla polvere. Alle Fonderie Darling era in esecuzione continua il lavoro “Cicloide-E”, la scultura robotica polifonica di 11 metri di diametro realizzata da Cod.Act (già esposta ad Ars Electronica 2010). Dopo aver appreso i principi sul funzionamento di questa struttura di acciaio e altoparlanti, gli ospiti sono stati messi in grado di osservare a 360 gradi la mondanità del pezzo. Presso l’Oboro Center è stato possibile vedere una mostra personale di Brad Todd. “La forêt bleue” ha mostrato alcune opere, tra cui “Le Petit Prince”, in cui l’icona della letteratura francese è stata isolata, ingrandita da una banconota francese e proiettata sulla parete attraverso un sistema meccanico. Presso l’Ocurrence gallery “L’atomisation du temps” è stata esposta una mostra di François Quévillon, dove opere fotografiche vengono rese “glitch” in tempo reale. Infine sono state esposte tre opere al nuovo e dedicato Eastern Bloc Center: “Titan et au-delà de l’infini” di Jean-Pierre Aubé, un veloce video ipnotico che ricorda le animazioni astratte psichedeliche degli anni Settanta, “Coup d’Eclats” di Danny Perreault, Manuel Chantre, Guillaume Bourassa, Sébastien Gravel e Vic-tortronic, un sistema di proiezioni e volumi in una grande stanza, che mette in discussione la percezione e “sessile” di Steve Daniels, uno sciame di cinquanta piccoli insetti cinetici, attaccati ad una parete e sensibili alla luce, alla quale reagiscono aprendo e chiudendo gli arti, intrigando i visitatori con le loro reazione cinematiche. In termini di eventi, “Color Form Movement Sound, the films of Mary Ellen Bute” è stata una sezione molto interessante curata da Sandra Naumann, proiettando quattordici cortometraggi sperimentali originali di questa poco conosciuto artista della prima metà del 20° secolo, mostrando un gusto elegante nell’esplorare le possibilità di immagini elettroniche e suoni. Ritornando al collegamendo con la Francia, è stato lanciato un nuovo libro dal titolo “Art contemporain nouveaux médias” di Dominique Moulon, scrittore e giornalista francese di Parigi, che esplora come la new media art è entrato nell’arte contemporanea sotto vari travestimenti. Il prossimo anno Elektra diventerà International Digital Arts Biennale, probabilmente sfruttando il fertile territorio. Gli eventi si terranno presso la nuova cupola futuristica in fase di realizzazione presso l’edificio SAT, e il festival continuerà a eseguire la sua significativa scansione degli sviluppi nella molto interessante scena artistica new media del Quebec.