Copy this drive, hard disk in condivisione (reale)

Copy this Drive

Denudare il proprio hard disk rendendo pubblico il suo contenuto è ancora un gesto da considerare provocatorio? Già nel 2000 partendo dall’idea sarcastica “privacy is stupid” gli 100101110101101.ORG avevano lanciato il progetto “Life Sharing”, un sistema di file sharing in tempo reale con cui il gruppo trasmetteva in rete tutte le attività svolte quotidianamente dal suo computer fino al 2003. Nel 2011, ossia quasi oltre un decennio dopo, anche l’artista Nick Briz rende disponibile al pubblico il contenuto del suo hard disk con l’opera “Copy this Drive”. L’installazione è costituita da un monitor dall’involucro trasparente, sorretto da una colonna (anch’essa trasparente) che contiene l’hard disk dell’artista a cui chiunque può collegarsi tramite un cavo USB e copiare qualsiasi cosa a cui si scopra interessato, oppure clonarlo interamente. Rispetto alla sopraccitata opera degli 0100101110101101.ORG, le modalità di fruizione dell’installazione di Briz sono più agili, dalla semplicità del gesto necessario per accedere ai dati, alla sfacciata estetica della trasparenza, in nome della quale la presenza fisica dell’hard disk come oggetto a se stante, relativamente piccolo ma contenente un’enorme mole di dati è cruciale, anche se non del tutto nuova. Per esempio il net artist Brian Mackern, per esempio, nel 2004 mise all’asta il suo computer contenente i codici sorgenti di tutti i suoi lavori e tutto ciò che aveva collezionato e scaricato in anni, lasciando però inaccessibile il contenuto fino alla sua eventuale vendita. Nel 2011 l’artista Manuel Palou ha esposto invece un hard disk con un allestimento museale classico, chiuso in una teca, per enfatizzarne ironicamente il valore dichiarato: l’artista infatti sosteneva che contenesse software proprietari scaricati illegalmente per un presunto valore di $5,000,000, ma senza fornirne alcuna prova tangibile. Nel caso di “Copy this Drive” l’intento della condivisione è più limpido e immediato: non ci troviamo di fronte ad un flusso di dati accessibili in remoto, nè tantomeno ad un oggetto simulacro dall’inverificabile valore economico. Seguendo l’esplicito invito del titolo dell’opera possiamo realmente curiosare, sbirciare e infine scegliere il prezioso contenuto da copiare e portare a casa. L’opera “Copy this Drive” si pone dunque in netto contrasto con la storica funzione dell’artista come privilegiato lettore di una realtà nascosta che sceglie di rivelare in modo più o meno accessibile. In questo caso al contrario il valore sta proprio nell’estrema accessibilità dei dati: l’artista si denuda totalmente davanti al suo pubblico facendolo partecipe di tutte le risorse di cui è a disposizione (comprese forse anche quelli più personali), come punto di partenza e non di arrivo per tutti gli infiniti sviluppi che da quei file possono nascere.

Chiara Ciociola