People Staring at Computers: lo sguardo discreto delle merci

Kyle McDonald

Kyle McDonald è ben noto per le sue esplorazioni sui confini dello spazio pubblico e privato nel nostro mondo post-privacy. Con il suo Keytweetersi è volontariamente messo sotto sorveglianza digitale per un anno intero, catturando tutto ciò che digitava con un keylogger e postandolo su Twitter – 140 battute alla volta. Il suo progetto più recente è un’altra svolta concettuale sullo spyware. ‘People staring at computers‘ è una semplice applicazione che esegue un’istantanea da webcam ogni minuto e la carica su un sito web. Kyle ha installato il software su computer in esposizione in alcuni punti vendita della Apple nell’area di New York, ha raccolto più di mille foto e poi ha lanciato una presentazione sulle stesse macchine ad un pubblico di clienti perplessi. Il materiale è uno studio fisiognomico di base dei consumatori di Apple, una collezione di candidi (a volte poco lusinghieri), ritratti di persone che interagiscono con i loro oggetti del desiderio. Nella loro mondanità, sono scatti affascinanti: gli esseri umani sono usati per una performance su webcam, consapevoli della loro audience pubblica, mentre i prodotti sono lì fermi, docili e seducenti. L’intervento è stato pensato come un esperimento di soli tre giorni, ma ben presto si è trasformato in un affare complesso. Giorni dopo la disattivazione del software e la pubblicazione dei risultati, quattro agenti del Secret Service (il ramo del governo degli Stati Uniti che gestisce i crimini informatici) hanno fatto irruzione in casa dell’artista e hanno confiscato il suo computer, iPod e memorie flash. Kyle è presumibilmente accusato di frode informatica e rischia fino a 20 anni di carcere. Il caso sta generando accese discussioni sui limiti della privacy: dopo tutto, scattare foto in spazi pubblici è consentito, e i clienti entrando in un negozio implicitamente accettano di essere monitorati e comparire sulle telecamere di sicurezza. E poi, uno spin off del progetto che sostituisce i volti delle persone con la faccia di Steve Jobs sarebbe ancora considerata frode informatica? E in cima a tutto, come può il Servizio Segreto permettersi di allocare le risorse per perseguitare un media artist in un momento in cui attacchi di tutt’altra e maggiore entità vengono effettuati su base giornaliera da gruppi di hacker anonimi, anti-security e altri? Solo il tempo dirà se questo è un esempio tragicomico di scarsa capacità di giudizio o semplicemente il modo in cui le autorità trattano con chiunque osi profanare le cattedrali del consumo.

Paolo Pedercini