Particles, sfere di luce che disegnano lo spazio

Particles

Al buio il nostro senso di spazio, tempo e luogo diminuisce e noi ci sentiamo da un lato persi ma dall’altro liberi di navigare. Siamo come particelle alla deriva ma mentre non serve necessariamente il buio a ricordarcelo, le sfere a LED di questa installazione di Daito Manabe e Motoi Ishibashi fanno proprio questo. Non appena le sfere vengono lanciate nella pista verso il basso lungo una struttura multipiano fatta da un micro-binario a forma di 8 [di 7,5 x 8 metri], una varietà di effimere figure emerge dalle tenebre. Con le luci spente, la nostra percezione delle dimensioni sposta continuamente il suo asse. La pista è invisibile e le sfere sembrano fluttuare mentre l’installazione nel suo insieme trasforma lo Yamaguchi Center for Arts and Media [Ycam] in uno spazio scuro come una grotta. I modelli generati sembrano astratti e adimensionali, inducendo i visitatori a cercare connessioni tra loro o una parvenza di ordine geometrico così come i nostri antenati facevano con le stelle per la navigazione. Quando le sfere vengono rilasciate dall’alto in successione asincrona, sembrano apparire un numero indefinito di particelle luminose. I modelli che si creano in realtà cambiano usando algoritmi di calcolo ricavati da sensori incorporati e specificatamente distribuiti sulla pista. In certi momenti è quindi percepibile un asse stabile e, mentre le sfere sembrano fluttuare senza meta, quando luminescenti mantengono in realtà un senso di unificazione spaziale. Grazie a questi speciali ‘control points’ lungo la pista e ai sensori ad infrarossi, la posizione di ogni sfera viene trasmessa come dati che un computer centrale elabora regolando la luminescenza di ogni sfera e il suono generato dall’oscillazione, simile al frinire di uno sciame di cicale. Quando le sfere hanno completato il tracciato, sono riportate al punto di partenza attraverso un discreto sistema a nastro trasportatore molto simile a quello utilizzato nelle piste da bowling. Così come vaghiamo nello spazio buio dell’installazione, i modelli temporaneamente coesi che emergono all’apparire o scomparire delle particelle, generano di volta in volta un’idea di casualità o di identificazione nei modelli con incroci percettivi improbabili e ambigui. L’installazione resetta se stessa ciclicamente, trasportandoci sempre più vicini a sperimentare le sensazioni fisiche e spaziali di una grotta del ventunesimo secolo digitale.

Vicente Gutierrez