“Jeff Koons must die!!!”, un esempio di arte a tema arcade

Jeff Koons must die!!!Rimanendo bloccati in un museo d’arte durante la notte con un lanciarazzi nel corso di una retrospettiva di Jeff Koons cosa si farebbe? Si avrebbero due opzioni: passeggiare in giro per il museo virtuale e osservare la mostra di Jeff Koons, o aprire il fuoco e bruciare tutte le opere d’arte. Questo almeno è ciò che l’artista multimediale americano Huner Jonakin suggerisce con la sua opera metaforica “Jeff Koons must die!!!”

. E’ uno strano esempio di arte a tema arcade, un gioco “sparatutto”in prima persona ambientato in un grande museo durante la mostra Koons, dove il giocatore ha la scelta di far saltare i classici pezzi postmoderni con la sua arma. Se una o più opere sono distrutte, un modello animato di Jeff Koons esce e rimprovera il visitatore per aver annientato la sua arte. Egli incarica poi le guardie di uccidere il giocatore. Se il giocatore sopravvive a questo giro gli è consentito di entrare in una stanza dove le onde di curatori, avvocati, assistenti e guardie continuano a comparire fino a quando il giocatore è morto. Sviluppato con il framework UDK il gioco è situato all’interno di un cabinet arcade ispirato a una macchina Q * bert del 1982. I visitatori devono inserire la loro moneta da 25 centesimi per giocare la partita con un joystick e due pulsanti. Questa forma tipicamente arcade dà un tono giocoso rispetto a un titolo abbastanza estremo. Ma perché tutto questo odio contro Koons? Jonakin chiarisce che è solo un trucco narrativo. Le riproduzioni di oggetti di uso quotidiano dell’artista Pop Jeff Koons sono state sia apprezzate dalla critica che vituperate nell’arco dell’intera carriera dell’artista, sono state definite “un ultimo, patetico sussulto di quella sorta di auto-promozione e sensazionalismo che caratterizza il peggio del decennio”, come così come “esplosione visiva che salta agli occhi”. Per Jonakin questo gioco impossibile da vincere “agisce come un commento sul sistema dell’arte, sulla cultura museale, sul commercio d’arte, le strutture gerarchiche di potere, e le tendenze distruttive dei frequentatori di gallerie”.

Valentina Culatti