Leif Elggren – Death Travels Backwards

Leif Elggren

errant bodies – records, #05, 2009
“Vorrei che il mezzo fosse dentro di me”, afferma Leif Elggren in un’intervista con Brandon La Belle, il proprietario dell’etichetta errant bodies. Il disagio che caratterizza il lavoro di Elggren è spiegato in modo rapido e nervoso durante l’intervista, come fosse una sorta di performance, rivelando importanti dati personali in tutte le risposte circa la propria condizione umana e artistica. L’insufficienza dei mezzi di comunicazione (anche quelli digitali in tempo reale) di modellare le idee in modo rapido ed efficace è stigmatizzata da Elggren, che narra costantemente i segreti nascosti e gli enigmi spettrali che deve affrontare ogni giorno. Così la sua vita traumatica e la sua arte sono inestricabili, e soddisfano la sua profonda esigenza di essere espressivamente combinate. I video selezionati coprono un decennio (1999-2009) e hanno pochi elementi in comune: telecamere fisse, ripetizioni (non in loop), quasi nessun taglio, oggetti (isolati, vecchi), gesti. I suoni a volte sono reali, vocali, suoni ambientali, possono essere amplificati o essere puro (alternato) silenzio. A volte c’è una tensione tra la voce e l’immagine che provoca lo spettatore rendendolo estremamente a disagio. In una nota al suo primo CD album, Elggren ha proposto l’idea di mettere il cd in play e poi uscire di casa (“non è necessario ascoltare questo cd”, ha detto). La sua radicale costanza nell’essere incoerente, una sorta di schizofrenia incanalata e comprensibile, genera narrazioni oniriche e misteriosamente irresistibili. Non c’è felicità né ironia nel suo lavoro, ma il modo di trattare con il suono, gli oggetti materiali i corpi “immateriali” è sicuramente la conversione della paura in gesti, energia e luce.