Global Safari (Powered by Google), formare l’immagine del mondo

Global Safari

“Le immagini hanno lo scopo di rendere il mondo accessibile e immaginabile per l’uomo”, così scrisse Villem Flusser nel 1983, nel suo famoso libro “Towards a Philosophy of Photography”, che ha analizzato il passaggio dalle immagini tradizionali (preistoriche) a quelle tecniche (poststoriche). Non più create da “autori”, ma da un operatore qualsiasi che faccia funzionare una fotocamera o altre apparecchiature di ripresa, le immagini tecniche hanno aperto le porte al mondo contemporaneo. Le immagini sono destinate ad essere le mappe per il mondo che è diventato uno schermo (come annunciato da Flusser) e la gente ha imparato a fidarsi di queste immagini e situazioni impresse in esse, come estensioni dei dati forniti dai loro stessi sensi. Ma in che modo le immagini tecniche sono state in grado di cambiare la nostra percezione e la nostra immagine del mondo, quando sono diventate contemporaneamente mappe, monitor ed interfacce? In che modo la nostra visione del mondo si è ulteriormente modificata quando un programma di informazione geografica ha assunto il ruolo di operatore? Global Safari, degli artisti Wellington Cançado e Renata Marquez, è un’esplorazione dettagliata, un profondo tuffo in uno degli “operatori” contemporanei più popolari, Google Earth. Un film girato navigando all’interno del programma stesso, ci porta in viaggio in 10 città, in diverse parti del mondo, in 12 minuti. Da Chicago fino a Tokyo, muovendosi in verticale e orizzontale, con zoom in e zoom out per le città, proprio come Google Earth permette, il film è allo stesso tempo una narrazione visiva e un “performative mapping”. E’ un safari di immagini, dove gli artisti ci mostrano le possibilità e i limiti nel vedere luoghi e momenti, così come ci è permesso della realtà di Internet del nostro tempo. “Qual è il significato di fare un safari fotografico per le strade senza una macchina fotografica che cerchi la magica cattura del momento?” si chiedono gli artisti ricordando i momenti magici e unici, resi visibili grazie a fotografi come Henri Cartier Bresson. Che cosa davvero cattura Google di satelliti, aerei e automobili? Non c’è nessun autore, nessun fotografo specifico che decida le immagini che danno forma al mondo in Google Earth. C’è invece un processo automatico e affidabile di catturare le immagini così come se fossero una matrice di immagini user-generated. In questo contesto, dove il software di Google sembra, per le sue immagini, il più remoto dominio degli automi di Flusser, Global Safari cerca situazioni e momenti di intimità che si trovano al loro interno. I passanti per le strade, gente che gioca tennis fotografata per caso, appaiono come lo zoom più vicino in una casuale vita cittadina catturata attraverso Google, ma in realtà sono stati ri-catturati precedentemente dagli artisti. I loro momenti sono stati volutamente ricongelati. In tal modo la presenza di un occhio che cattura volontariamente un’immagine ritorna, mettendo in discussione la questione della paternità di una foto “scattata” attraverso un programma. Global Safari è un progetto che esplora i cambiamenti nella concezione dell’immagine collettiva del mondo, e l’influenza che l’avanzamento continuo della tecnologia, nonché la demolizione dei valori di scala hanno sulla sua definizione. Il progetto ricorda “Powers of Ten” (1968/1977), un film di Charles e Ray Eames che – se visto oggi – sembra una profezia di Google Earth. La telecamera, nel film di Eames, si muove costantemente avanti e indietro, con zoom in e out, con l’obiettivo di rivelare la dimensione relativa delle cose. Dalla dimensione umana di un uomo che giace in un parco all’immagine del globo, “Powers of Ten”, come Global Safari, è un film sul nostro desiderio e capacità di immaginare il mondo. Il riferimento esplicito di Cançado e Marquez al film di Eames intende dimostrare come le possibilità di questo viaggio immaginario siano cambiate nell’era delle googols. Mentre le tecnologie di Google hanno reso possibile un viaggio intorno al mondo per chiunque abbia un computer e una connessione internet, al tempo stesso i territori di Google Earth seguono una nuova forma di scala e pongono nuovi interrogativi intorno a quello che gli artisti chiamano Miopia Index. La scala della nuvolosità varia nei diversi territori catturati; la risoluzione cambia dai centri alle periferie. Come questo è definito? Quali meccanismi geopolitici influenzano oggi la nostra visione sul mondo? Perché il mondo è accessibile ma filtrato? Nell’era della rete, i ruoli di fotografi, cartografi ed esploratori si intrecciano, ma loro possono (o noi stessi possiamo) influenzare ciò che vediamo? Forse siamo ancora nella fase di un risveglio critico e dell’approccio discusso da Flusser. Gli artisti di Global Safari prendono questa posizione, che richiede un atteggiamento critico verso la cultura digitale stessa, che mette in discussione la liberazione degli ambienti virtuali geospaziali, con cui ci scontriamo durante la navigazione. Un richiamo per una ricostruzione, ripensando a quello di cui abbiamo bisogno oggi nel momento stesso in cui ne siamo coinvolti. “Freedom equals playing against the apparatus”.

Daphne Dragona