Interferenze 2010 Rurality 2.0 report

interferenze_2010.jpg Interferenze photo set

L’assunto che una (vera) pecora controcorrente non sia più quella nera ma quella che indossa le cuffie di un lettore digitale, sintetizza egregiamente il tema scelto per l’edizione di Interferenze 2010: “Rurality 2.0”. Quest’anno il festival di arti elettroniche si è tenuto dal 23 al 25 Luglio a Bisaccia, nell’alta Irpinia, un luogo significativo per le sue (indubbie) caratteristiche rurali, nonchè sede di un notevole parco di pale eoliche. Questi (moderni) mulini, imponenti testimoni di un’innovazione definita a volte epifanica a volte cieca, hanno a loro modo celebrato uno dei protagonisti della manifestazione, il vento. Visualizzato, attraverso l’installazione Untitled di Bianco-Valente creata ad hoc dai dati estrapolati dalle pale eoliche; o veicolo d’introspezione, come nella passeggiata sonora collettiva guidata da Sawako Kato in giro per le pietre e le stradine del paese vecchio, involontarie foriere di suoni inauditi: da un punto di fista fisico perchè generati dal vento ogni volta in modo diverso, concettualmente perchè difficilmente nella quotidianità accelerata ci si sofferma ad “ascoltarsi intorno”. Il castello ducale di Bisaccia, nel centro del paese e affacciato sulla vallata, ha ospitato le installazioni (Interferente – Roll Multimedia Design, The Bird Watcher aka Hakkaisan – Andrè Goncalves, Talea – Alessandro Capozzo, Souther Ocean Studies – Corby, Baily & Mackenzie, Nijika: TokioIrpiniaEarth – Sawako), affiancate dalla pomeridiana selezione di video. Sempre nella stessa location, le conferenze hanno analizzato esempi ed esperienze di valorizzazione territoriale locale attraverso i new media e nuove tecnologie; tra i gli speaker Regine Debatty, con la sua esperienza internazionale; Ian Chambers, con l’analisi di un’incursione artistica diffusa sul territorio realizzata negli ultimi anni in Molise; a chiudere Yukiko Shikata, direttore artistico di Interferenze Seeds Tokyo, da quest’anno interpretazione giapponese del festival campano. L’altro (usuale) protagonista è stato il cibo, considerato nella sua componente “economica”(prodotto finale di filiere produttive finalmente rintracciabili), e “culturale”, in quanto magnete per uno sviluppo locale e turistico sostenibili, nonchè principe della filosofia di vita slow. Per la sezione Click’n’food’, ad esempio, nella performance “Foodjob: frequencies to dissolve under the tongue” (Enrico Ascoli + Pompeo Limongiello) i suoni estrapolati (e mixati dal vivo) dagli sfrigolii di un piatto cucinato al momento, preparano al successivo e (forse) più gustoso assaggio. Il programma è stato completato da live serali poliedrici. Introdotte dagli Electronic Appetizer dei baresi Bitzmob, si sono alternate performance dalle sonorità sperimentali (dal sound fatato generato dall’attrito di coni di carta su pietra di Teresa Dillon, a quello più sottile e ricercato degli oggetti di Novi_sad) a più sfrenati dj-set (tra gli altri, Byetone, Ikonika, Shackleton e Fennesz). L’entusiasmo respirato è quello di una (possibile) redenzione del territorio locale che, su più larga scala, riesca a coniugare le sue migliori caratteristiche con un sincero spirito internazionale.

Chiara Ciociola