Fine collection of curious sound objects, oggetti quotidiani che suonano inaspettatamente

Georg Reil

I suoni degli oggetti comuni a volte possono essere straordinari. Un colpo su di una pentola, il ronzio di un frigorifero o lo sferragliare appena udibile di una lampada a neon che si raffredda possono concedere sorprendenti esperienze estetiche agli ascoltatori attenti. Ma in altri casi la quotidianità di questi eventi può essere semplicemente noiosa, così Geroge Reil e Kathy Scheuring si sono dati da fare per fornire nuove e inaspettate identità acustiche ad alcuni oggetti familiari. Riferendosi agli “objets sonores” di Pierre Shaffer, i due giovani designers dell’Università di Scienze Applicate di Würzburg hanno creato quella che chiamano una “fine collection of curious sound objects”. Ad un primo sguardo, per via di una mano di vernice nera che ne esalta la forma e che li distanzia dal loro impiego abituale, gli articoli della collezione somigliano ad esemplari tratti da una mostra di design industriale. Ma ad un’esaminazione più attenta la porta ethernet che compare sulla superficie di ciascuno ne rivela la natura mutante. Si tratta di creature ibride potenziate con l’affermata formula del physical computing – Arduino e Processing. Ciascun oggetto possiede un’abilità speciale. Come in alcune classiche fiabe in cui si trovano scatole magiche che catturano la voce e mele che cantano, qui abbiamo una borsa di pelle che può contenere voci, una bottiglia di detersivo per panni che canta come un theremin, un vecchio macina caffè che registra e riproduce campioni audio a velocità variabile, un secchio in cui i suoni si amalgamano fino a quando non vengono rovesciati. Le azioni svolte su questi oggetti sono quelle abituali, ma i risultati evadono le aspettative. Come nel “museum of lost interactions” di Graham Pullin anche qui emerge il desiderio di mediare le relazioni tra esseri umani e computer attraverso un “patrimonio che è maggiore e più ampio della storia del personal computer”. La scelta di fornire questi oggetti di effetti sonori inusuali produce discrepanze percettive che ci ricordano pratiche in uso nel cinema surrealista o nelle commedie farsesche. Il primo pezzo della collezione, una scatola di fiammiferi che contiene il suono di un orologio, potrebbe aver facilmente trovato posto in “Play Time” di Jacques Tati. Lo sviluppo delle tecnologie embedded ha reso possibile il trasferimento di questi metodi di spiazzamento dall’ambito della rappresentazione e del virtuale a quello della realtà fisica. Ci auguriamo solamente che in futuro i contenitori del detersivo non inizino a parlare ai clienti dagli scaffali dei supermercati.

Matteo Marangoni